
Al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano
Al Presidente del Consiglio dei Ministri, Enrico Letta
Al Presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso
Al Governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi
La crisi dura ormai da sei anni. Innescata dalla povertà di massa figlia di trent’anni di neoliberismo, esaspera a sua volta povertà e disuguaglianza. Moltiplica l’esercito dei senza-lavoro. Distrugge lo Stato sociale e smantella i diritti dei lavoratori. Compromette il futuro delle giovani generazioni. Produce una generale regressione intellettuale e morale. Mina alle fondamenta le Costituzioni democratiche nate nel dopoguerra. Alimenta rigurgiti nazionalistici e neofascisti.
Concepita nel segno della speranza, l’Europa unita arbitra della scena politica continentale rappresenta oggi, agli occhi dei più, un potere ostile e minaccioso. E la stessa democrazia rischia di apparire un mero simulacro o, peggio, un pericoloso inganno.
Perché? E’ la crisi come si suole ripetere la causa immediata di tale stato di cose? O a determinarlo sono le politiche di bilancio che, su indicazione delle istituzioni europee, i paesi dell’eurozona applicano per affrontarla, in osservanza ai principi neoliberisti?
Noi crediamo che quest’ultima sia la verità. Siamo convinti che le ricette di politica economica adottate dai governi europei, lungi dal contrastare la crisi e favorire la ripresa, rafforzino le cause della prima e impediscano la seconda. I Trattati europei prescrivono un rigore finanziario incompatibile con lo sviluppo economico, oltre che con qualsiasi politica redistributiva, di equità e di progresso civile. I sacrifici imposti a milioni di cittadini non soltanto si traducono in indigenza e disagio, ma, deprimendo la domanda, fanno anche venir meno un fattore essenziale alla crescita economica. Di questo passo l’Europa la regione potenzialmente più avanzata e fiorente del mondo rischia di avvitarsi in una tragica spirale distruttiva.
Tutto ciò non può continuare. E’ urgente un’inversione di tendenza, che affidi alle istituzioni politiche, nazionali e comunitarie il compito di realizzare politiche espansive e alla Banca centrale europea una funzione prioritaria di stimolo alla crescita.
Ammesso che considerare il pareggio di bilancio un vincolo indiscutibile sia potuto apparire sin qui una scelta obbligata, mantenere tale atteggiamento costituirebbe d’ora in avanti un errore imperdonabile e la responsabilità più grave che una classe dirigente possa assumersi al cospetto della società che ha il dovere di tutelare.
*** à‰tienne Balibar, Alberto Burgio, Luciano Canfora, Enzo Collotti, Marcello De Cecco, Luigi Ferrajoli, Gianni Ferrara, Giorgio Lunghini, Alfio Mastropaolo, Adriano Prosperi, Stefano Rodotà, Guido Rossi, Salvatore Settis, Giacomo Todeschini, Edoardo Vesentini.
(dal Manifesto, 22 dicembre 2013)
Vogliamo continuare a curare l’influenza virale con gli antibiotici?
Direte voi cosa c’entra, antibiotici "“ influenza, virus? A me, avendo un bimbo risulta chiaro. : Durante le influenze si usano anche gli antibiotici ma solo dopo almeno una settimana e al solo scopo di sterminare batteri opportunisti che si insinuano nell’organismo debilitato dall’influenza e MAI PER CURARE IL VIRUS che notoriamente se ne fa un baffo dell’antibiotico-. A me questo concetto medico risulta chiaro ma, se applichiamo questo concetto alla nostra situazione economica, mi sembra che molti pretendano di curare il Virus con i soli antibiotici rischiando grosso per la perdita di tempo. Questo è il caso della discussione sulle politiche di bilancio improntate al rigore: curare la deflazione del’economia dei paesi dell’Europa del Sud , i famosi PIIGS, di cui ci onoriamo di far parte, con un antibiotico che si chiama ALLENTAMENTO dei tagli di bilancio, non pensando minimamente a curare l’infezione virale che rischia di ucciderci, e che è rappresentato dal cambio fisso, ovvero dal euro fisso per tutte le economie europee, o se ancora non fosse chiaro, dalla perdita della nostra sovranità monetaria e della conseguente perdita della politica monetaria.
Serve l’antibiotico del minor rigore?. Si, è ovvio che ci farebbe stare meglio, almeno per un po’. Ci salverà dalla polmonite mortale? NO!.
I motivi sono complessi e sfaccettati, ma principalmente mi sembra dovuto al fatto che le economie europee hanno diverse velocità di crescita e quella tedesca è sempre stata trainante, avanti le altre.
ORA dopo un ventennio durante il quale abbiamo permesso che l’economia germanica ci sopravanzasse senza pretendere e ovviamente senza ottenere che vi fossero politiche di trasferimento, nell’adeguata quantità, a compensazione della diversa velocità di crescita, credete che un allentamento dei tagli di uno zero virgola possa farci recuperare un “gap” ventennale? E, per di più , a corsa ancora in corso, perché la Germania mica sta ferma ad aspettarci. Ammesso, come ammetto, che una maggiore spesa pubblica, grazie al moltiplicatore, spinga di qualche decimale la crescita Italiana davvero pensate che possa farci arrivare alla pari della Germania? Perché , vedete, NON E’ PIU’ SUFFICIENTE nemmeno il semplice incamminarci in un sentiero di crescita (e dubito che si possa fare), dato che il meccanismo del nostro progressivo impoverimento non ne verrebbe scalfito. Mi riferisco al meccanismo che costringe noi Italiani ad agire sui salari tenendoli fermi (se non diminuendoli tramite tassazione) per raggiungere una competitività più simile alla Germania, uguaglianza che non si potrà mai raggiungere in questo modo (hanno venti anni di vantaggio) e allora mi domando e vi domando: che ci stiamo a fare nell’unione? Soprattutto vorrei far notare a tutti che se non saremo "PARI" ai Germanici, allora il destino è segnato, diventeremo "PARIA" e nemmeno tanto lentamente.
Luca Zamarco.
[…] E nel 2013 scriveva queste cose qui. […]