di Giuliana Arena [1]

La famiglia

Paolo Sylos Labini è nato a Roma il 30 ottobre 1920. Il padre era pugliese di Bitonto ed era stato segretario di prefettura in Puglia al tempo di Giolitti. Aveva poi dovuto lasciare questa carriera perché antifascista. Considerato l’interesse di Sylos per la questione meridionale, è opportuno ricordare che Giustino Fortunato era fratello della nonna materna.

Gli studi universitari

Dopo il liceo, il giovane Paolo avrebbe voluto iscriversi alla facoltà  di ingegneria, ma, a causa dei limitati mezzi economici che lo obbligavano a lavorare mentre studiava, si iscrisse alla facoltà  di giurisprudenza, pur non amando le materie giuridiche. Questi studi gli diedero però l’opportunità  di avvicinarsi alla storia delle istituzioni e quindi di acquisire un’impostazione storica che avrebbe poi sempre seguito.

Interessato principalmente alle materie scientifiche, si appassionò dell’economia, unica materia non giuridica della facoltà. All’università  ebbe come insegnante di economia Guglielmo Masci, al quale decise di chiedere la tesi su “Gli effetti economici delle invenzioni sull’organizzazione industriale”. Purtroppo Masci morì poco dopo e Sylos fu seguito durante la tesi da Giuseppe Ugo Papi, non entusiasta dell’argomento.

Nel cercare la bibliografia per la tesi si rese conto con stupore del limitato interesse degli economisti per le innovazioni e da questo momento sentì l’esigenza di rivolgersi allo studio degli economisti classici, in particolare Adam Smith e poi David Ricardo e Karl Marx.

In questi primi anni la sua guida fu Alberto Breglia (1900-1955), che insegnava economia politica a Roma dal 1942.

Dopo la laurea in Giurisprudenza conseguita nel Luglio 1942 con 110 e lode, è stato nominato, su richiesta di Alberto Breglia, assistente volontario e poi assistente incaricato presso la cattedra di Economia Politica della Facoltà  di Economia e Commercio dell’Università  di Roma. Proprio con Alberto Breglia, Sylos collaborò alla stesura di due libri ricavati da due corsi di lezioni: L’economia dal punto di vista monetario e Reddito sociale[2]. Quindi in questo primo periodo conviveva in lui l’interesse per l’analisi dell’innovazione con quello per i problemi monetari, che in seguito verrà  in parte abbandonato. Il rapporto con Alberto Breglia lasciò a Sylos Labini la concezione dell’economia come mezzo per comprendere la storia, un’economia quindi da inserirsi in un ampio contesto culturale. Fu proprio Alberto Breglia che spinse Sylos a recarsi in America per completare i suoi studi[3].

Così Sylos Labini fu tra i primi giovani dal secondo dopoguerra che andarono a perfezionarsi all’estero, sia per approfondire in generale le sue conoscenze economiche, sia per capire meglio le peculiarità  del caso italiano.

Il periodo negli Stati Uniti

Nel 1948 vinse infatti una borsa di studio per l’America. Dopo tre mesi trascorsi a Chicago, dove divenne amico di Franco Modigliani, andò ad Harvard all’inizio del 1949. Qui ebbe come supervisor Schumpeter, che si ricollegava alle teorie classiche con particolare attenzione per le innovazioni e i loro effetti sociali e inoltre considerava la storia come indispensabile maestra per gli economisti. Il suo interesse era il rapporto tra innovazioni tecnologiche, economia e società  e attribuiva un ruolo preminente all’imprenditore innovatore. Schumpeter sottolineava come l’innovazione non riguardasse solo i processi produttivi, ma anche l’organizzazione dell’attività  economica e le forme istituzionali. Dice in proposito Sylos Labini: “Io ho studiato ad Harvard con Schumpeter, nel 1949, l’anno prima della sua scomparsa ed ho subito fortemente – spero per il bene – la sua influenza; quindi la mia visione delle innovazioni non è semplicemente economica, ma è anche sociale”[4].

L’incontro con Salvemini e Rossi

Prima della partenza di Sylos per l’America, il padre aveva scritto una lettera a Gaetano Salvemini comunicandogli che il figlio sarebbe andato a trovarlo. Salvemini era infatti uno dei punti di riferimento del padre che era antifascista. Nella lettera si sottolineava anche il legame della famiglia Sylos Labini con Giustino Fortunato, amico di Salvemini. Anche per la sua grande disponibilità  verso i giovani, Salvemini lo accolse con molta simpatia, tanto che, mentre era ricoverato in ospedale per un mese a causa della sua malattia ai reni, chiese a Sylos Labini di fargli da segretario. Così ogni giorno per un mese Sylos Labini andava a trovarlo e lo aiutava nella sua corrispondenza con numerosi personaggi come Sforza e Sturzo (che conoscerà  a Roma dieci anni dopo). Una volta uscito dall’ospedale, Salvemini decise di andare ad abitare nella stessa casa privata dove Sylos era a pensione. Così per sette mesi i due coabitarono approfondendo la loro amicizia, fino a quando, nell’estate del 1949 Salvemini tornò a Firenze.

Salvemini fu maestro e grande amico di Ernesto Rossi, Carlo e Nello Rosselli, che dedicarono la loro vita ai suoi stessi ideali. A Rossi e ai due Rosselli, Paolo Sylos Labini è da considerarsi legato, attraverso Salvemini.

In particolare, Ernesto Rossi e Sylos Labini si conobbero nel 1949 grazie a Salvemini a Roma in casa Rossi. La loro amicizia si consolidò però quando Sylos scrisse una nota molto critica delle teorie keynesiane che colpì Rossi, fortemente antikeynesiano[5].

L’influenza su Sylos del filone di pensiero che parte da Rosselli per poi incarnarsi dopo la guerra nel Partito d’Azione è evidente nella sua concezione dei rapporti tra sviluppo economico e sviluppo civile. Lui stesso ha affermato: “Debbo mettere bene in chiaro che io mi sono sempre richiamato alla tradizione del socialismo liberale”[6]. Secondo Sylos è necessario ricollegarsi al pensiero di Salvemini, Rossi e Rosselli, “alla loro lezione di concretezza, che si applica, in primo luogo, all’analisi spregiudicata e antiretorica della società  e dell’attività  politica”[7]. E ancora: “Dobbiamo tornare alle opere di Salvemini come a quelle di Ernesto Rossi e Carlo Rosselli non solo per la conoscenza critica di concezioni e di ideali del passato, ma anche per le lezioni di metodo che esse contengono. Occorre diffidare delle generalizzazioni. Le prediche non contano, conta la condotta. L’antiretorica e la concretezza critica cominciano con l’esempio”[8].

Il Piano del lavoro

Nel 1949 Breglia presentò una relazione al piano del lavoro e, visto che Breglia era già  malato, Sylos Labini lo aiutò. Il “Piano per la ricostruzione economica e sociale dell’Italia”, chiamato più brevemente Piano del lavoro, era stato proposto da Giuseppe Di Vittorio, segretario generale della Cgil, a Genova nel 1949. L’anno dopo, a Roma, si definirono meglio i contenuti di questo piano che prevedeva massicci investimenti in opere pubbliche e infrastrutture (edilizia, strade e energia elettrica) per modernizzare il paese e per creare nuovi posti di lavoro. Il piano venne però accolto negativamente dalle organizzazioni degli imprenditori e dai partiti di governo, rimanendo così in gran parte inattuato.

Vittorio Foa, sapendo che Sylos Labini aveva partecipato alla stesura della relazione di Breglia, lo invitò al banco della presidenza. Ciò colpì gli economisti di destra che erano in platea e rese più difficile la sua carriera universitaria, procurandogli l’ostilità  di molti influenti professori universitari.

La carriera universitaria: dai primi incarichi ai lunghi anni di insegnamento alla Sapienza

Nel 1950, Paolo Sylos Labini, vinse una borsa di studio Stringher e trascorse un anno accademico all’università  di Cambridge, dove venne ammesso al Trinity College come research student e dove ebbe come supervisor Dennis Robertson[9].

Rientrando in Italia, ottenne l’abilitazione alla libera docenza in Economia Politica, partecipando alla sessione dell’anno 1953. La commissione, formata da Manlio Resta, Volrico Travaglini e Renato Galli, apprezzò in modo particolare il saggio presentato dal giovane Sylos “Qualche osservazione sul monopolio e sul monopsonio”.

Sylos si dedicò poi all’insegnamento universitario in varie sedi. Nel 1954 tenne alla Facoltà  di Economia e Commercio di Roma un corso libero dal titolo “Le forme di mercato”, nel cui programma dava ampio spazio alla trattazione dell’oligopolio e al rapporto tra forme di mercato e sviluppo del reddito sociale.

L’anno successivo divenne assistente incaricato presso la cattedra di Economia Politica della Facoltà  di Economia e Commercio dell’Università  di Sassari, poi, dal primo febbraio 1958, in seguito a concorso, è nominato Professore straordinario di Politica Economica e Finanziaria presso la Facoltà  di Giurisprudenza e, nell’anno successivo, di Economia Politica alla Facoltà  di Economia e Commercio dell’Università  di Catania. Dopo un anno all’Università  di Bologna, Sylos Labini venne chiamato alla Sapienza nell’ottobre 1962. Qui insegnò Istituzioni di Economia Politica presso la Facoltà  di Scienze Statistiche, Demografiche e Attuariali fino al congedo nel 1995, quando lasciò l’insegnamento di ruolo (per poi venire nominato professore emerito nel 1997, vista la sua lunga docenza in quella sede).

Nel 1965 ebbe anche l’incarico di insegnamento di Matematica Applicata all’Economia. Nel 1986 si è dedicato esclusivamente all’attività  di ricerca scientifica presso l’Ufficio di Studi economici della Banca d’Italia[10].

Nell’ambiente ricco e stimolante della Facoltà  romana di quei decenni, Sylos ha formato diversi allievi divenendone il maestro nel senso più pregnante del termine. Ha poi portato avanti la sua attività  di ricerca sempre parallelamente all’impegno civile, che lo ha visto impegnato in prima persona nella stagione della programmazione. I suoi studi di economista hanno sempre affondato le loro radici nella concretezza; la concettualizzazione non ha mai preceduto l’analisi attenta dei dati statistici e ha sempre tenuto presente l’importanza della multidisciplinarietà, di una conoscenza approfondita della storia, della società  e dell’evoluzione tecnica.

Il viaggio nel Mezzogiorno del 1953 e la collaborazione con “Il Ponte” e con “Il Mondo”

Dall’inizio degli anni ’50, grazie anche all’influenza di Salvemini, si fece strada in Sylos l’interesse per la questione meridionale. Nell’autunno 1953, compì un viaggio nei piccoli centri rurali della Campania, delle Puglie (tra cui Gioia del Colle, paese della sua nonna paterna) e della Calabria. Il rapporto di questo suo viaggio venne pubblicato su “Il Ponte” di Piero Calamandrei in tre parti[11]. Seguendo il metodo salveminiano, per ogni centro visitato, Sylos registrò lo stato dell’industria, del commercio e dell’agricoltura, ma anche il livello di istruzione, le condizioni abitative e igieniche e la struttura sociale.

Sempre negli anni ’50, ritornò più volte a scrivere su “Il Ponte” articoli relativi alla questione meridionale, approfondendo in particolare il tema della disoccupazione[12].

Cominciò così una collaborazione sistematica con questa rivista alla quale Sylos ha sempre inviato la maggior parte dei suoi scritti di carattere non strettamente economico.

Sempre sui temi della questione meridionale, Sylos Labini pubblicò in questo periodo anche alcuni articoli su “Il Mondo” di Pannunzio. Così, avendo saputo che a Benevento si effettuava il mercato dei “gualani”, cioè dei bambini che venivano fatti lavorare per un anno come pastorelli in cambio di beni in natura dati ai genitori, denunciò dalle pagine della rivista questo stato di cose.

L’interesse di Sylos Labini per il Mezzogiorno, che si colloca nell’ambito del tema centrale della sua riflessione, e cioè lo sviluppo, è stato sempre presente nel suo percorso intellettuale. Numerosi sono infatti i suoi interventi su questo tema, a partire dai primi anni ’50, fino ad arrivare agli ultimissimi anni.

Si può qui ricordare che negli anni in cui insegnava a Catania (cioè tra il 1957 e il 1960), organizzò un gruppo di ricercatori (tra cui il sociologo Franco Leonardi) con cui svolse un’inchiesta sulla Sicilia, con indagini sul campo principalmente nella parte orientale dell’isola. Come ha ricordato Andrea Saba, Sylos a Catania invitò molti personaggi, da Antonio Giolitti a Franco Momigliano, da Valentino Parlato a Enzo Scotti, fino a Joseph Galbraith.

I risultati di queste indagini vennero pubblicati da Feltrinelli nel volume Problemi dell’economia siciliana[13]. Questa analisi considerava i rapporti tra città  e campagna e anche le differenze profonde tra Sicilia orientale e occidentale. Da notare come questo lavoro sulla Sicilia, sia caratterizzato da un’approfondita analisi storica, demografica e sociale, in linea con quello che sarà  sempre il suo metodo che vede l’economia come strettamente legata a queste altre discipline.

“Oligopolio e progresso tecnico”

Intanto, all’inizio degli anni ’50, quando in Italia venne scoperto il petrolio, il governo ritenne necessaria una legge petrolifera e Segni decise di modellare questa legge su quella americana.

Segni invitò Sylos Labini, allora trentaquattrenne, e il giurista Giuseppe Guarino ad andare in America per studiare come funzionasse in pratica la legge americana. Lo studio delle grandi imprese con interessi internazionali fece emergere il contrasto tra il comportamento di queste e la concezione di concorrenza della teoria dominante. Fu questo uno degli incentivi che sono all’origine del libro Oligopolio e progresso tecnico pubblicato da Giuffrè nel 1956.

Oligopolio e progresso tecnico è il libro originale e importante che rese Paolo Sylos Labini famoso in Italia e all’estero. In quest’opera sosteneva che l’oligopolio può coesistere con le piccole imprese e analizzava i rapporti fra imprese oligopolistiche grandi e piccole e progresso tecnico. Se emergono tendenze al ristagno, queste potranno essere bloccate da una politica keynesiana di sostegno pubblico alla crescita della domanda. La teoria keynesiana non veniva però accolta acriticamente; Sylos infatti metteva in evidenza i rischi che potevano derivare da un accrescimento della spesa pubblica improduttiva.

Il periodo della programmazione economica

Dal 1962 al 1964, Paolo Sylos Labini fu membro della Commissione nazionale per la programmazione economica e poi, dal 64 al 74, del Consiglio tecnico-scientifico del Ministero del bilancio. Era stato chiamato a questo incarico da Ugo La Malfa, allora Ministro per il bilancio, e accettò nella speranza che fosse possibile un qualche rinnovamento. Quando Rossi criticò la sua partecipazione alla Commissione, ritenendola uno strumento inutile, Sylos replicò affermando che l’obiettivo di fondo era di contribuire a spingere per la riforma della pubblica amministrazione nelle sue varie parti. Con Fuà  presentò nel 1963 un rapporto in cui si trattava in via preliminare proprio questa questione[14]: la programmazione, prima che una questione economica, era un problema istituzionale e da affrontare con l’aiuto di giuristi, studiosi delle discipline politiche e sociologiche.

Nell’ambito della Commissione, Sylos Labini collaborò con Pasquale Saraceno, Siro Lombardini, Giorgio Fuà  e Nino Andreatta. In quegli anni, non si stancò mai di invocare le riforme della pubblica amministrazione, ritenendo che senza una radicale trasformazione degli strumenti di intervento, la politica di programmazione fosse votata al fallimento. Nel lungo periodo gli obiettivi che bisognava porsi nell’ambito della programmazione, erano lo sviluppo del Mezzogiorno, il superamento del dualismo tra agricoltura e industria, lo sviluppo di consumi e lo sviluppo dei servizi sociali, come la sanità, l’istruzione e la ricerca scientifica. Alla fine di questa esperienza però Sylos Labini si sentì a malincuore costretto a dare ragione a Rossi: “Le riforme che auspicavamo sono state introdotte molto parzialmente. Riconosco che ho avuto torto, che ho peccato di ottimismo o, se si preferisce, di ingenuità “[15]. Già  quindi deluso da questa esperienza, si dimise quando venne nominato come sottosegretario Salvo Lima, che era già  stato raggiunto da quattro richieste di autorizzazione a procedere. Intanto, dal 1974 in poi, dopo il primo schock petrolifero, la crescita economica cominciò a rallentare. Sul piano teorico il dibattito tra gli economisti negli anni Sessanta si concentrò sull’opera di Sraffa Produzione di merci a mezzo di merci[16]. Il libro di Sraffa venne visto da Sylos Labini come una conferma alla validità  delle sue radicali critiche dell’analisi marginalistica. Comunque la sua riflessione non rimase ancorata su quel dibattito teorico, ma continuò a considerare il problema dello sviluppo, prestando con il tempo sempre maggiore attenzione ai paesi arretrati.

 

Il modello econometrico dell’economia italiana

Nel periodo del Comitato tecnico scientifico, tra il 1966 e il 1967, lavorò al modello econometrico dell’economia italiana. A partire dal dopoguerra si riponevano nell’econometria molte speranze. Il modello di Sylos Labini è la prima sistematica ricerca econometrica sull’economia italiana. Il modello mirava a conciliare l’analisi teorica con i mutamenti storici ed è stato via via modificato con l’inserimento di nuove variabili.

Gli studi econometrici si intrecciarono con i problemi della politica economica, e, tra il 1965 e il 1975, Sylos Labini pubblicò una serie di lavori sui salari, la produttività  e l’inflazione, poi rielaborati e raccolti in un libro.

L’esperienza dell’Università  della Calabria

Nel 1971, Paolo Sylos Labini fu eletto presidente del Comitato ordinatore della Facoltà  di scienze economiche dell’università  della Calabria che era stata istituita con una legge del 1968. Lavorò quindi all’elaborazione dello statuto della nuova università  che fu approvato nel dicembre. Quando il Comitato decise la localizzazione di un primo nucleo, l’on. Giacomo Mancini si oppose e la legittimità  di questo progetto venne contestata in un’interrogazione al ministro della Pubblica Istruzione e in un minaccioso telegramma al ministero dei Lavori Pubblici. Attacchi di questo tipo, volti sostanzialmente a negare l’autonomia di decisione degli organi universitari, si susseguirono, colpendo direttamente anche Sylos Labini. Quando l’avvocato Luigi Gullo non venne prescelto nel 1972 per un incarico di insegnamento, fece un esposto al ministero della pubblica istruzione e promosse anche un’azione penale con un esposto alla Procura della Repubblica. Il Consiglio superiore diede però un parere contrario all’esposto amministrativo. Sul piano penale, i tre membri del Comitato, Paolo Sylos Labini, Adriano Vanzetti e Beniamino Andreatta, vennero rinviati a giudizio con diversi capi d’accusa. Dopo aver dovuto superare tutti questi ostacoli l’università  venne avviata con la costruzione di un primo nucleo.

Gli studi sulla società 

A partire dagli anni settanta si fece strada in Sylos Labini l’interesse per i mutamenti nella struttura delle società. In realtà  già  nel 1952 aveva scritto un articolo, pubblicato diversi anni dopo, dal titolo Produttori di ricchezze e produttori di servizi: classe operaia e classe media[17] in cui metteva in evidenza la sovrapposizione tra classi medie e settore terziario e sosteneva che un’espansione di questo settore avrebbe portato ad un allargamento delle classi medie. Nel 1972 Sylos Labini ritornò su questi temi in una conferenza il cui testo, rielaborato, fu pubblicato da Laterza nel 1974[18]. Questa analisi era stata stimolata da diversi motivi, come quelli di spiegare il nuovo pericolo fascista che era presente nel 1972 e il ruolo delle classi medie e soprattutto di individuare le ragioni dell’esito deludente delle riforme che erano state tentate nel decennio precedente. I ceti medi avevano per Sylos Labini non solo connotazioni sociologiche, ma anche implicazioni rilevanti per la teoria economica. Cercò infatti di approfondire gli atteggiamenti politici e culturali di questi ceti, tanto che il suo saggio interessò non solo gli economisti, ma anche sociologi, filosofi e politici. Nel saggio del 1974 si esaminava la tesi del bipolarismo classista fondata sulla dicotomia profitti-salari, tesi attribuita a Marx, ma molto diffusa anche tra sociologi lontani da lui. Usando i censimenti e gli annuari statistici, si analizzava la struttura sociale italiana e la si confrontava con quella di altri paesi e si considerava l’evoluzione nel tempo delle diverse classi e categorie sociali. La riflessione di Sylos Labini sulla società  culmina poi nell’opera del 1986 Le classi sociali negli anni ’80[19]. Qui Sylos considerava non solo la società  italiana, ma anche le società  di diversi altri paesi, compresi quelli del Terzo Mondo e i paesi dell’area del socialismo reale. Il problema delle classi sociali veniva collegato al processo di democratizzazione che caratterizza lo svolgimento storico delle società  occidentali. Questo processo non è certo lineare, in Italia in particolare incontra l’ostacolo del dualismo tra Nord e Sud. Il processo di democratizzazione è da intendersi come “ricerca crescente di libertà  e di una tendenziale eguaglianza”.[20]

Il problema dello sviluppo come punto centrale del pensiero di Sylos Labini

La riflessione di Sylos Labini si è costantemente concentrata su sviluppo e sottosviluppo, analizzati in rapporto all’evoluzione storica e incentrati sulle innovazioni. Del resto questo era anche il tema della sua tesi di laurea. Come abbiamo visto, Sylos dovette la sua fama in primo

luogo alla monografia sull’oligopolio. Tuttavia già  nella seconda parte di Oligopolio e progresso tecnico, aveva dimostrato che i suoi interessi erano molto più generali di quelli relativi alle forme di mercato e riguardavano anche il progresso tecnico, lo sviluppo e la distribuzione del reddito. L’obiettivo preminente è stato quello di scoprire e spiegare le forze che determinano lo sviluppo, come appare in modo particolarmente chiaro nel suo libro Progresso tecnico e sviluppo ciclico[21]: “In fondo il titolo di questo libro, che si ricollega all’argomento della mia tesi di laurea, esprime il filo conduttore di tutto il mio itinerario intellettuale”[22].

I suoi articoli e le sue opere sullo sviluppo sono molto numerosi. Nel 1983 ha voluto raccogliere una serie di saggi scritti negli anni precedenti sull’argomento nel libro Le forze dello sviluppo e del declino[23], che contiene alcune delle sue principali idee. Anche in seguito la sua riflessione su questi importanti problemi lo ha portato alla pubblicazione di articoli e libri, tra cui Sottosviluppo. Una strategia di riforme, uscito nel 2000, in cui avanza concrete proposte operative per il superamento del più grande problema del nostro tempo.

Note

[1] Nel predisporre questa nota, uscita nel Working Paper della Facoltà  di Economia dell’Università  di Milano-Bicocca, Paolo Sylos Labini, “Il mestiere dell’economista tra analisi teorica e impegno sociale”, No. 52 – July 2002, avevo riveduto e integrato le ricerche da me svolte per la preparazione della tesi di laurea “Sviluppo economico e dualismo italiano in Paolo Sylos Labini” (discussa nel novembre 1999, relatore Prof. Carlo Lacaita). La prosecuzione di tali ricerche è poi avvenuta nell’ambito del Dottorato di Ricerca “Storia delle Istituzioni e della Società  nell’Europa Contemporanea”, sede presso il Dipartimento di Storia della Società  e delle Istituzioni dell’Università  degli Studi di Milano. Per la revisione del testo in occasione della pubblicazione del presente volume ho poi potuto consultare il fascicolo intestato a Paolo Sylos Labini conservato negli Archivi dell’Università  La Sapienza. Utilissimi sono poi stati il Ricordo di Paolo Sylos Labini di Andrea Saba e la Relazione di Paolo Palazzi Paolo Sylos Labini e l’insegnamento come sviluppo civile al Convegno “Paolo Sylos Labini Economista e Cittadino”, 16 ottobre 2006 Università  La Sapienza, Roma,.

[2] Alberto Breglia, L’economia dal punto di vista monetario, Roma, Edizioni dell’Ateneo, seconda ed. 1953 e Reddito Sociale, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1965.

[3] Sylos allora iniziò anche a frequentare la Biblioteca del ministero dell’Agricoltura dal 1941 al 1966. Nel suo libro “Un paese a civiltà  limitata” Sylos ricorda la biblioteca come “un posto interessante e curioso” in cui “gli capitò di incontrare Piero Sraffa”. Marcella Corsi, Omaggio a Paolo Sylos Labini, Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, Roma, 7 dicembre 2006.

[4] Paolo Sylos Labini, Sviluppi scientifici, innovazioni tecnologiche e crescita produttiva: riflessioni di un economista, “Fenomenologia e società “, n. 5, 1985, p. 16.

[5] Paolo Sylos Labini, Antikeynesianesimo e programmazione in Ernesto Rossi, nel volume Ernesto Rossi-un’utopia concreta, a cura di P. Ignazi, 1991, pp. 159-165.

[6] Paolo Sylos Labini, Sinistra e azionismo, “Micromega”, aprile, 1999, p. 160.

[7] Paolo Sylos Labini, Socialismo liberale: gli aspetti economici, “Il Ponte”, n. 5, 1989, p. 175.

[8]Paolo Sylos Labini, Socialismo liberale, cit., p. 176.

[9] Marcella Corsi, Omaggio, cit.

[10] Per la ricostruzione del percorso accademico di Sylos si veda il Foglio matricolare conservato nell’Archivio dell’Università  degli Studi di Roma.

[11] Paolo Sylos Labini, Un viaggio nel Mezzogiorno, “Il Ponte”, gennaio, febbraio e marzo 1955.

[12] Paolo Sylos Labini, La disoccupazione nelle zone arretrate, “Il Ponte”, novembre 1957. Paolo Sylos Labini, Problemi dello sviluppo economico siciliano, “Il Ponte”, dicembre, 1961.

[13] Paolo Sylos Labini, Problemi dell’economia Siciliana, Milano, Feltrinelli 1966.

[14]Il rapporto presentato da Sylos Labini e Giorgio Fuà  alla Commissione per la programmazione, è stato pubblicato da Laterza nel giugno del 1963.

[15] Paolo Sylos Labini, Antikeynesismo e programmazione in Ernesto Rossi, nel volume Ernesto Rossi, un’utopia concreta, a cura di P. Ignazi, 1991, p. 163.

[16] Piero Sraffa, Production of commodities by means of commodities, Prelude to a critique of economic theory, Cambridge University Press, Cambridge 1960. Edizione italiana, Produzione di merci a mezzo di merci. Premesse a una critica della teoria economica, Einaudi, Torino, 1960.

[17] Paolo Sylos Labini, Produttori di ricchezze e produttori di servizi: classe operaia e classe media, “Economia e lavoro”, 1969. Questo articolo è poi stato ripubblicato con una nota di aggiornamento in Socialismo e divisione del lavoro, “Quaderni di Mondoperaio”, Roma, 1978.

[18] Paolo Sylos Labini, Saggio sulle classi sociali, Laterza, Roma-Bari, 1974.

[19] Paolo Sylos Labini, Le classi sociali negli anni ’80, Laterza, Bari, 1986.

[20] Paolo Sylos Labini, Le classi sociali , cit., p.3.

[21] Paolo Sylos Labini, Progresso tecnico e sviluppo ciclico, Laterza, Roma-Bari, 1993.

[22] Paolo Sylos Labini, Una certa idea dell’economia, “Meridiana” n. 20, 1994, p. 187.

[23] Paolo Sylos Labini, Le forze dello sviluppo e del declino, Roma-Bari, Laterza, 1983.