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Di chiunque abbia novant’anni, come li ha Giuseppe Guarino, classe 1922, ci si limita a tirare le somme, parlandone al passato. Del medesimo Guarino ricorderemmo che fu esimio docente di Diritto, che ebbe Cossiga come assistente ed esaminò Giorgio Napolitano e Mario Draghi; che fondò uno studio avvocatesco senza rivali nelle materie amministrative ed europee; che fu parlamentare per un paio di legislature e ministro delle Finanze (1987) e dell’Industria e delle Partecipazioni Statali (1992-’93).

Siamo invece obbligati a parlare di Guarino al presente e anzi a rincorrerlo nella sua alluvionale produzione a dispetto dell’età. Se cliccate internet lo vedete in cento salse su Youtube tra giovani che ammaestra a non cadere in luoghi comuni tipo, «l’euro è irreversibile»; sfogliate i giornali e trovate interviste in cui ci ammonisce – lui archeo europeista, vicino al padre fondatore, Altiero Spinelli – sui guasti prodotti da questa Europa; finché non vi capita tra le mani un saggio corposo, Euro: Venti anni di depressione (1992-2012), in cui il professore dimostra per tabulas che il Patto di stabilità  (fiscal compact) è una truffa e che la cosa più saggia è uscire di corsa dall’euro (leggi tutto.. ).

Non a caso Giuseppe Guarino ha scritto: Un golpe chiamato euro in cui sono raccolte le sue  analisi sugli accordi legali con cui l’Unione europea – soprattutto su spinta del paese leader, la Germania – stava cercando di vincolare i suoi conti pubblici. Fonti giuridiche alla mano, il professore sostenne – anche in una lunga intervista a questo giornale – che l’impegno a mantenere il bilancio in pareggio o in avanzo era semplicemente “inapplicabile”. Gli articoli del Fiscal compact, infatti, contraddicevano gli stessi trattati costitutivi dell’Unione europea su cui si fondavano; questi ultimi fissavano al 3 per cento il limite di indebitamento netto possibile per ogni stato, cioè garantivano una discrezionalità  della politica fiscale che invece sull’onda della crisi è stata requisita. Con effetti economici, argomentava in seconda battuta Guarino, disastrosi. A un anno di distanza da quel primo saggio, il professore – le cui tesi sono state discusse anche dalla stampa tedesca, oltre che da economisti e giuristi italiani – ha approfondito ulteriormente la sua analisi giuridica del processo di integrazione comunitaria. Arrivando a datare, al 1° gennaio 1999, un “colpo  di stato”, espressione “usata quando si modifica in aspetti fondamentali il sistema costituzionale di uno stato – scrive – con violazione delle norme costituzionali vigenti”. Come si realizzò dunque questo golpe? Attraverso un regolamento comunitario, il numero 1466/97 per la precisione, con cui “in ciascuno degli stati membri viene cancellato il diritto-potere di ciascuno di essi di influire sulla crescita con le proprie politiche economiche, i loro cittadini non hanno alcuna possibilità  di influire sugli obblighi cui il proprio paese, quindi essi stessi vengono assoggettati”. Già  quel regolamento, imponendo il pareggio di bilancio contro la stessa lettera dei Trattati, per di più alla chetichella e senza quella pubblicità  che perlomeno caratterizzò la stipula del Fiscal compact oltre dieci anni dopo, privò di fatto gli stati democratici della loro politica fiscale. Il tutto in funzione dell’introduzione della moneta unica. Con l’entrata in vigore del regolamento, però, “la democrazia è stata soppressa”, scrive Guarino guidando il lettore tra ricostruzione storica e analisi del diritto, tra responsabilità  politiche e colpe individuali, fino a immaginare possibili vie d’uscita (leggi tutto”¦ ).

Qui un intervento su youtube

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