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lfhandsoffdi Giovanni La Torre – Linkiesta, Blog “I gessetti di Sylos”

Ho avuto occasione solo di recente di visionare il dvd edito da Repubblica in  cui si parla del pensiero di Adam Smith. La lezione è tenuta da Alessandro De  Nicola, presidente della Adam Smith Society. La povertà  dell’esposizione è tale  da renderla addirittura insulsa. L’immagine che viene fuori del grande  economista scozzese è quella del fantoccio creato dai neo liberisti per  attribuirsi una paternità  importante. Il pensiero di Smith che viene fuori  praticamente è quello relativo al bottegaio che facendo l’interesse proprio fa  quello della collettività, della mano invisibile, e cose di questo genere, e  viene omessa invece qualsiasi indicazione del vero messaggio rivoluzionario di  Smith, in termini di storia del pensiero economico. Tra l’altro viene detto che  Smith è il “padre del laissez faire”, come se in Scozia si parlasse francese.

 

Quell’espressione è stata coniata dai fisiocratici francesi, e precisamente da  V. de Gournay, i quali sono stati loro i primi a invocare la libertà  negli  affari economici. Ma a parte questa precisazione storico – filologica, quello  che non emerge da quel video è la vera rivoluzione teorica fatta da Smith,  rivoluzione che si può cogliere sin dall’incipit de La Ricchezza delle Nazioni:  “il lavoro svolto in un anno è il fondo da cui ogni nazione trae in ultima  analisi tutte le cose necessarie e comode della vita …”, cioè dopo che si era  fatto riferimento ai metalli preziosi (mercantilismo), alla terra  (fisiocratici), cioè a cose tangibili, come fonti e causa della ricchezza, Adam  Smith in pratica dice: no signori, la ricchezza di una nazione dipende dal  lavoro che questa riesce ad attivare. Lo sviluppo, poi, è conseguenza della  “divisione del lavoro”. Con questo uno-due, grazie a Smith, la scienza economica  diventa di colpo Scienza Sociale.

 

Lo sviluppo economico dipende dalla  collaborazione tra gli uomini. Questa è la prima vera rivoluzione analitica,  epistemologica, dello scozzese. Con i fisiocratici era la natura che dava valore  economico al lavoro, con Smith è il lavoro che da valore economico alla natura.  Questa è un’affermazione può essere, ma potrebbe anche non esserlo vista la sua  portata genrale, collegata alla successiva teoria del valore-lavoro che Smith  svilupperà, sia pure non sempre in maniera coerente, nel libro; teoria che il De  Nicola, bontà  sua, giudicherà  “l’unica cosa sbagliata di Smith” e per questo  l’ha solo accennata alla fine, senza illustrarla. Se si parla di un pensatore  bisogna parlare anche delle tesi eventualmente “superate”, ammesso che lo siano,  come se si parlase di Galileo non si possono omettere le cose superate da Newton  o da Einstein. Ma con quella omissione, e soprattutto con l’affermazione che  quell’ “errore” di Smith avrebbe dato spago a Marx per sviluppare la teoria  dello “sfruttamento” (cosa peraltro storicamente vera, come ha puntualizzato lo  stesso Schumpeter) il De Nicola ha dato involontariamente ragione ai teorici  marxisti, i quali hanno sostenuto che la successiva teoria marginalistica del  valore-utilità  non aveva alcun fondamento scientifico ed era soltanto un  tentativo di cancellare le conseguenze, in termini di teoria sociale, delle tesi  classiche (smithiane e ricardiane) sul valore.

 

Tra l’altro il De Nicola dice che  la teoria del valore-utilità  è stata condivisa anche da Marshall, cosa inesatta  perché invece quest’ultimo ha cercato di conciliare le due tesi con le famose  “forbici” (le determinanti del valore-prezzo di un bene sono come due lame di  una forbice che tagliano contempotaneamente: l’utilità  dal lato della domanda e  il costo di produzione-lavoro dal lato dell’offerta). Ma evidentemente De Nicola  dice solo le cose che sono “autorizzate” dalla Scuola di Chicago. Sono tante le  cose riduttive o addirittura inesatte dette in quel dvd che dura più di un’ora e  che ovviamente qui manca lo spazio per confutarle tutte. Accenniamo a qualcun  altra. De Nicola dice, sempre alla fine, che il concetto di “salario di  sussistenza” viene da Marx, omettendo di dire che il concetto di salario a  “livello di sussistenza” esiste già  in Smith. Non solo, ma Smith dice pure che  il salario si riduce spesso a quel livello perché i datori di lavoro hanno più  potere e più sostegno da parte dello stato nelle trattative. Ma la cosa ancora  più importante sulla questione della distribuzione del reddito che De Nicola ha  omesso di dire, anzi non vi ha proprio accennato, è che per Smith, come per  tutti i classici, il livello dei salari in un determinato momento non è  spiegabile con meri ragionamenti economici (“per conto mio non cercherò di  stabilirlo” scrive Smith), ma solo con argomentazioni storiche, politiche e  sociali. Ancora più chiaro sarà  Stuart Mill il quale preciserà  che “le leggi  della produzione sono oggettive, mentre quelle della distribuzione sono  storiche”.

 

Diventa quindi inspiegabile l’affermazione conclusiva del De Nicola  che i marginalisti sarebbero gli eredi autentici di Smith. Costoro sono invece  agli antipodi, essi hanno sostenuto che il livello dei salari e in genere la  distribuzione del reddito è fatta in maniera oggettiva e razionale dal mercato,  è quindi una questione esclusivamente economica, essendo solo un aspetto  particolare della determinazione dei prezzi, precisamente quelli dei fattori  produttivi. Come pure non appartiene a Smith l’idea della “concorrenza perfetta”  che è l’elemento centrale intorno al quale ruota tutta la costruzione  marginalista. Ma evidentemente quel falso storico è necessario per De Nicola per  poter concludere che a sua volta Friedman e la Scuola di Chicago sono gli eredi  di Smith. Manco per niente! Basti aggiungere a questo proposito che Paolo Sylos  Labini si considerava seguace di Smith e con i marginalisti non voleva avere  nulla a che fare. Ripeto sono tante le cose che ancora si potrebbero dire ma  quanto detto penso possa già  bastare per far capire che l’idea che si è voluta  dare di un grande pensatore come Adam Smith da parte di un neo liberista è  riduttiva e misera, fatta di fornai, bottegai, frabbriche di spilli e  quant’altro, misera peraltro come i liberisti hanno ridotto l’intera scienza  economica.

(19 giugno 2013)

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