
Stavolta non ce la possiamo prendere con la Germania, con l’Europa, con l’ideologia liberista o magari, come disse Giuseppe Saragat, col “destino cinico e baro”. La sentenza della Corte di giustizia europea che ci impone di assumere i precari della scuola – certamente estendibile ai precari di tutta la pubblica amministrazione – è una bomba sui nostri conti pubblici e davvero non si capisce come se ne possa venir fuori. Ma è una bomba che abbiamo costruito e innescato da tempo immemorabile, aumentandone a dismisura la portata negli ultimi trent’anni, con la complicità di tutti: responsabili dell’amministrazione, politici di ogni schieramento, sindacati.
Come sia stata costruita questa bomba l’abbiamo raccontato qui su Repubblica due anni fa, e da allora non è cambiato nulla, salvo che si è continuato ad aggiungere altro esplosivo (cioè ad aumentare il numero di precari). Allora si stimava che nella P.A. ce ne fossero 260.000, ma siccome la sentenza riguarda tutti coloro che hanno avuto un rapporto di lavoro di almeno tre anni significa che, in base ad essa, possono far valere i propri diritti non solo i lavoratori attualmente in servizio, ma anche quelli che in passato – almeno negli ultimi dieci anni, periodo dopo il quale per le rivendicazioni contro i datori di lavoro scatta la prescrizione – sono stati in questa situazione. Impossibile ipotizzarne il numero, ma è plausibile che – tra scuola e resto della P.A. – possano essere dal doppio al triplo.
Per chi pensa che oggi il problema più urgente non sia quello dei conti pubblici, ma quello della disoccupazione, potrebbe essere persino una buona notizia. Dopo tante proposte sulla necessità che lo Stato diventi “occupatore di ultima istanza”, cioè si impegni a dare un lavoro a chi non riesce a trovarlo, questo potrebbe essere un altro di quei casi in cui la giustizia forza la mano alla politica cotringendola a fare quello che dovrebbe. La controindicazione è che questo, se avverrà, avverrà nel modo peggiore. Assunzioni non dove serve ma dove il caso ha creato le condizioni giuridiche; nessuna possibilità di selezione, che oltretutto non era stata fatta neanche “a monte”, cioè quando erano stati assunti i precari. Vista la conclamata incapacità organizzativa della nostra P.A., l’esito più probabile sarebbe di pagare un enorme numero di stipendi a persone che non si sa come utilizzare.
E allora è su questo che ci si dovrebbe concentrare: come trasformare un problema in un’opportunità. Le cose da fare non mancano, è mancato finora chi fosse capace di organizzarle. Chissà che sotto la spinta della necessità non si trovi il modo. Potrebbe essere questa la spinta alla ripresa dell’economia che finora è mancata e nemmeno si intravedeva all’orizzonte. Sarebbe un felice paradosso: l’Europa, che tanto ha contribuito a mantenerci in crisi con la “stupida austerità “, adesso sembra offrirci l’occasione di fare finalmente qualcosa di concreto per uscirne., a patto, naturalmente, che si riescano ad evitare tagli corrispondenti all’esborso che ci sarebbe (cosa tutt’altro che scontata). Comunque una partita da giocare, se avremo la voglia e la capacità di farlo.
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