
In Usa il tasso dei senza lavoro è sceso in aprile sotto il 6,5%, l’obiettivo che la Fed aveva annunciato l’anno scorso, e anche il rapporto debito/Pil comincia a calare. In Europa è il contrario e in Italia va (quasi) peggio di tutti. Ma l’evidenza di una politica sbagliata non conta perché la classe dominante persegue un altro scopo.
Ben Bernanke sì che lo può dire: “Fatto!”. L’ex presidente della Fed, l’anno scorso, aveva posto come obiettivo prioritario della politica della banca centrale Usa la discesa della disoccupazione al di sotto del 6,5%, obiettivo confermato dall’attuale presidente Janet Yellen. E i dati diffusi venerdì dicono che la disoccupazione è scesa in aprile al 6,3%. Poco più della metà della media europea, che è all’11,8, e meno della metà del tasso italiano, al 12,7%. Una differenza abissale. Se se ne chiedesse il motivo a quegli economisti comunemente definiti “liberisti”, o magari al tetragono commissario europeo Olli Rehn, probabilmente comincerebbero a decantare le virtù del mercato del lavoro americano, completamente deregolamentato, dove si può assumere o licenziare senza alcun problema o limite. E’ questa la stella polare dei tecnocrati e della maggior parte dei politici europei, insieme al consolidamento dei conti pubblici, cioè alla riduzione di deficit e debiti. Ma i fatti dicono che è il primo obiettivo ad essere considerato più importante, e se si persegue quello gli arcigni custodi dei decimali sono disposti a chiudere un occhio – e anche tutti e due – sul resto. Vedi l’atteggiamento verso la Spagna, dove il governo Rajoy ha fatto una durissima riforma del lavoro, cosa che gli è valsa una tolleranza clamorosa sull’aggiustamento dei conti pubblici, che continuano a presentare un deficit alle stelle. (continua a leggere)
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