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Paolo Sylos Labini e  Alessandro Roncaglia hanno pubblicato il libro “Per la ripresa del riformismo” con l’Unità. Il libro è gratuitamente accessbile su qusto sito (cliccare qui). Ne riproponiamo dei brani e questa è la quinta puntata (qui la  quarta)

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Non pochi lettori de l’Unità  hanno trovato strana l’inclusione, fra i riformisti, di Adam Smith, di Luigi Einaudi e di Carlo Cattaneo. Si è già  osservato che questi tre economisti vanno considerati come riformisti liberali. Conviene tuttavia aggiungere che sia Smith, sia Cattaneo, sia Einaudi sia altri economisti classificabili come riformisti liberali erano favorevoli al mercato, alla condizione che questo fosse orientato allo sviluppo. In effetti, il mercato non è solo uno strumento assai potente di coordinamento delle scelte individuali: visto nello scorrere del tempo è anche, o meglio può essere, uno strumento assai potente per promuovere lo sviluppo. Gli economisti riconoscono, con maggiori o minori riserve, questo fatto; e poiché il mercato è retto, anzi è costituito da un insieme di leggi, essi, in particolare quelli classificabili come riformisti liberali, raccomandano leggi capaci di favorire lo sviluppo.

D’altra parte, poiché lo sviluppo porta con sé l’esigenza di cambiamenti quasi incessanti, la raccomandazione equivaleva a quella di introdurre via via leggi adatte a sostenere lo sviluppo e, possibilmente, a incentivarlo. I riformisti liberali erano e sono invece ostili agli interventi discrezionali dei governi nella vita economica, in quanto fonte di sprechi e di corruzione. L’ostilità  era di principio: anche se in certi casi potevano ammettere che interventi del governo ben congegnati avrebbero potuto avere effetti positivi, essi consideravano troppo grandi i rischi di sprechi e di corruzione per ammettere eccezioni. E’ vero che anche le leggi possono essere mal congegnate o addirittura deleterie, come i casi sopra ricordati con riferimento ai nostri giorni e al nostro paese dimostrano. Di fronte a questi casi i riformisti liberali assumono un atteggiamento di critica durissima; per loro resta vero, però, che gl’interventi del governo nell’economia sono particolarmente pericolosi: le aberrazioni legislative vanno combattute sul piano politico generale.

E’ una tale concezione che ha indotto Einaudi a distinguere fra interventi “giuridici”, da introdurre attraverso leggi – ben congegnate e capaci di favorire lo sviluppo economico – e interventi “amministrativi”, da condannare per la discrezionalità  che essi consentono. Luigi Sturzo, pur essendo classificabile come riformista cristiano, presenta accentuate affinità, da un lato con i riformisti liberali, dall’altro lato con i liberalsocialisti: Gaetano Salvemini, cui Sturzo era legato da profondi sentimenti di stima e amicizia, Ernesto Rossi, Carlo e Nello Rosselli, Guido Calogero. Da notare che tutti questi grandi intellettuali, compreso Sturzo, parteciparono attivamente alla lotta antifascista, alcuni, come i fratelli Rosselli, pagando con la vita.

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