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Non si poteva, da un lato, chiedere ed ottenere la collaborazione di Berlusconi per la Bicamerale e, dall’altro, combatterlo, per esempio, sul terreno del mostruoso conflitto d’interessi. Ecco perché i leader dei ds accettarono come buona la «finzione» – il miserabile cavillo – secondo cui non era Berlusconi ma Confalonieri il titolare delle concessioni televisive, aggirando così la legge del 1957 che stabiliva l’ineleggibilità dei titolari di «concessioni pubbliche di rilevante interesse economico». Accettato quel cavillo ed avendo così resa inutilizzabile la legge del 1957, i ds hanno dovuto imboccare la strada della nuova legge. Nello sciagurato spirito della collaborazione con Berlusconi fu preso per buono ed approvato, solo alla Camera, un disegno di legge presentato dallo stesso Berlusconi e dai soci, fondato sull’idea americana del blind trust un’idea ragionevole nel caso di titoli e di beni fungibili, come i beni immobili, ma inattuabile – diciamo pure ridicola – nel caso di reti televisive. Il disegno di legge non fu presentato al Senato e rimase con la sola approvazione della Camera, viene tuttavia ripetutamente gettato fra le gambe dei ds da Berlusconi e da chi sia pure non apertamente lo difende. Forte del tacito assenso dei ds il Cavaliere è diventato sempre più sfrontato sul conflitto d’interessi ed ora ha fatto presentare da Frattini un nuovo disegno di legge che è una vera e propria burletta.
Ha scritto giustamente Sartori che «in Italia sta scomparendo un principio fondante della democrazia, la pluralità e la concorrenzialità degli strumenti d’informazione». Dalla collaborazione con Berlusconi, che era l’inevitabile corollario dello sciagurato errore strategico della Bicamerale, sono derivati vari altri «errori», fra cui lo scarsissimo impegno nel ratificare in tempi brevi la convenzione italo-svizzera – poteva essere approvata già nel 1998 – e la critica ai «demonizzatori» di Berlusconi, come me e come diversi miei amici, tutti o quasi tutti dalla tradizione liberalsocialista (saremmo dovuti essere cooptati nella «Cosa 2», mi pare, ma forse abbiamo capito male).
E’ vero almeno che «esagerando» nelle critiche a Berlusconi avremmo fatto il suo gioco? No, non è vero: secondo uno studio serio di un centro torinese di ricerche sui flussi elettorali la nostra azione, insieme con gl’interventi di Benigni, di Travaglio e di Veltri e dei giornalisti dell’Economist, avrebbe spostato a favore del centrosinistra, il minor male, da uno a due milioni di voti. Non chiedevamo né ringraziamenti né riconoscimenti, ma almeno una qualche presa di posizione, nei fatti e negli atti, che la nostra azione non andava duramente criticata, ma utilizzata: siamo nella stessa barca.
A giudicare da recenti dichiarazioni di diversi leader del centrosinistra e dei ds in particolare sembra che ciò stia finalmente avvenendo. Tuttavia, per contrastare con efficacia i reiterati attacchi di Berlusconi e di altri sulle posizioni dei ds riguardanti il conflitto d’interessi e la «pigrizia» nella ratifica della convenzione sulle rogatorie e per persuadere i votanti delusi ed amareggiati che muteranno veramente la loro politica i leader ds debbono fare chiaramente ed esplicitamente autocritica per quel grave errore strategico, magari invocando come attenuante il fatto che il cinismo e la slealtà di Berlusconi hanno superato ogni limite, sia pure riconoscendo che la politica non è un’attività per educande. Solo con una tale autocritica – e non con la generica ammissione che errori sono stati compiti – i leader ds possono via via recuperare credibilità.
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