
Paolo Sylos Labini e Alessandro Roncaglia hanno pubblicato il libro “Per la ripresa del riformismo” con l’Unità. Il libro è gratuitamente accessbile su qusto sito (cliccare qui). Ne riproponiamo dei brani.
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In una società democratica, il sostenitore di riforme ha l’obbligo di ragionare in concreto, considerando gli effetti delle politiche da lui proposte sui diversi strati sociali e articolando le sue proposte in modo da ottenere consensi sufficienti alla loro realizzazione. Questo significa avere una visione sufficientemente corretta della società e della distribuzione del potere al suo interno, e dell’evoluzione di questi elementi fondamentali. Se, a differenza di quel che sosteneva Marx, il proletariato non tende a divenire la maggioranza della società, la strategia delle sinistre va radicalmente rielaborata: come sostenne uno degli autori di questa introduzione, in un lavoro pubblicato nel 1974 (Saggio sulle classi sociali , Laterza). Da allora molta acqua è passata sotto i ponti, ma pur in presenza di un sistema politico maggioritario vari leader politici preferiscono ritagliarsi spazi di rappresentanza di segmenti specifici della società. Questo va bene se però poi si ricerca una composizione dei diversi strati e ceti sociali in un disegno politico più ampio, potenzialmente capace di conquistare il sostegno della maggioranza della società.
Naturalmente, il problema non è quello di disegnare una strategia perfetta in condizioni statiche. Non solo in una società in evoluzione la situazione cambia continuamente; il punto fondamentale è che la situazione, in particolare i rapporti di potere, cambiano in conseguenza delle azioni politiche man mano realizzate, delle vittorie e delle sconfitte della politica di riforme. Questo punto era stato ben compreso da un politico, Riccardo Lombardi, che costituisce il tipico esempio di esclusione non giustificata dalla nostra antologia. La sua ‘strategia delle riforme di struttura’ prevedeva appunto un cammino graduale nella costruzione di una società sempre più democratica e civile, in cui la modifica degli assetti sociali, culturali, di potere economico e politico conseguente alla realizzazione di una riforma – ad esempio la scuola media dell’obbligo, o la nazionalizzazione dell’energia elettrica – costituisce la premessa indispensabile per i passi successivi. Procedere senza tenere conto dei rapporti di forza e degli interessi in campo, come ad esempio si fece negli anni ’60 nel caso della progettata e mai realizzata riforma urbanistica, significa andare incontro a insuccessi, che costituiscono poi ostacoli e implicano arretramenti su altri fronti.
Da questo punto di vista, è essenziale comprendere quali sono gli elementi prioritari nella dislocazione dei rapporti di potere. Ad esempio, è stato un grave errore politico non comprendere la necessità di combattere fin dall’inizio la concentrazione di potere che si andava realizzando nel campo dei media, in particolare la televisione. La democrazia è ferita quando i mezzi di comunicazione di massa – televisioni, giornali, case editrici – sono in misura predominante nelle mani di una sola persona, indipendentemente dalla posizione politica che essa rappresenti. Gli autori di questa introduzione hanno sostenuto in passato, ben prima che la situazione attuale si presentasse all’orizzonte, che un’economia di mercato ha bisogno di una buona normativa anti-trust, e che tale normativa dev’essere ancora più stringente per alcuni settori, mezzi di comunicazione innanzitutto. Adam Smith, con i suoi attacchi alle concentrazioni di potere economico e politico della sua epoca, come la Compagnia delle Indie, sosteneva una tesi del tutto analoga alla nostra.
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