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Un articolo di Marco Cattaneo sul blog Basta con l’Eurocrisi

In termini reali (corretti, cioè, per l’inflazione – fonte ISTAT) il PIL italiano 2015 è stato inferiore dell’8,3% rispetto al 2007 (anno di massimo storico): 1.547 miliardi di euro (a prezzi 2010) contro 1.687.

Nel medesimo periodo, le esportazioni si sono incrementate del 3,5%, passando da 455 a 471 miliardi.

Il calo della domanda interna ha causato una diminuzione delle importazioni, da 462 a 430 miliardi.

La spesa interna per consumi e investimenti, che corrisponde al PIL incrementato (o decrementato) del saldo netto tra importazioni ed esportazioni, è passata da 1.680 a 1.508 miliardi. La contrazione è stata pari al 10,2%.

Questi dati indicano con chiarezza che la crisi economica italiana non è dovuta all’incapacità  delle aziende di essere competitive. Il periodo 2007-2015 è stato caratterizzato da condizioni decisamente difficili, in particolare per effetto della crisi Lehman scoppiata nel 2008, e delle gravissime conseguenze dell’Eurocrisi (soprattutto nel periodo 2012-2013).

Ciò nonostante, le esportazioni italiane sono aumentate. La caduta di PIL è stata interamente (più che interamente, in effetti) causata dalla diminuzione della domanda interna.

Se le aziende italiane hanno saputo vendere di più a Shanghai, a Città  del Capo, a San Francisco, non ha senso pensare che la diminuzione di fatturato a Treviso, ad Ancona o a Potenza provenga da un calo di competitività. Semplicemente, è diminuito il potere d’acquisto interno: prima per effetto della crisi finanziaria mondiale del 2008-2009, e poi per le politiche di austerità  insensatamente adottate, su “raccomandazione” UE, da metà  2011 in poi.

Immettendo potere d’acquisto nel sistema economico italiano, e avendo cura (per evitare un peggioramento dei saldi commerciali esteri) di ottenere comunque un immediato incremento della competitività  delle aziende (ad esempio, e principalmente, tramite una riduzione del cuneo fiscale), si stimolerà  domanda, produzione e occupazione. I livelli produttivi pre-crisi potranno essere recuperati (e poi superati) nel giro di pochi anni.

Il recupero di domanda, PIL e occupazione causerà  anche una ripresa degli investimenti, un miglioramento della redditività  delle aziende, e la possibilità  di destinare più risorse a ricerca, sviluppo e aggiornamento tecnologico. Verranno quindi meno le condizioni all’origine della stagnazione della produttività  italiana, di cui la nostra economia soffre ormai da vent’anni.

E si avvierà  a risanamento anche l’eccesso di crediti deterioriati che affligge il sistema bancario.

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