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gutgeld

di Associazione Labour Riccardo Lombardi

Alcune sere fa nella rubrica “Otto e mezzo” de “La Sette”, la giornalista Lilly Gruber ha ospitato l’economista Mariana Mazzucato e un certo Yoram Gutgeld che si è presentato come Consigliere economico del Governo Renzi. Costui, si è appreso nel corso del dibattito, aveva rilasciato una intervista al Financial Times, nella quale, parlando degli effetti della legge di stabilità, sosteneva che questa avrebbe avuto l’effetto di una “bomba atomica”. Se qualcuno vorrà  potrà  recuperare la registrazione della puntata. Su diversi aspetti se ne potrebbe dedurre qualche preoccupata riflessione intorno alla cultura di questo Governo. Qui ci limitiamo ad un osservazione su un singolo, ma significativo, aspetto relativo alle politiche di sviluppo del nostro sistema industriale.
La presenza della Mazzucato garantiva che anche il tema della competitività  fosse rappresentato e – declinata in termini di valore prodotto per unità  di tempo lavorato – non consentisse di comprendere le politiche del governo tutte centrate solo sulla questione del lavoro. Mentre il deficit competitivo, oltre a tutto crescente, chiama in causa il cosa e il come produrre. Nel tentativo di replicare, l’esperto, forse anche per far mostra di conoscere i numeri, ha ricordato come proprio per correggere quel difetto strutturale, il Governo avesse previsto, nella Legge di Stabilità  2015, un provvedimento di incentivazione delle spese in ricerca a favore delle imprese. Questo anche per tener conto che, se è vero che complessivamente la spesa pubblica e quella privata in materia di R&S è fortemente inferiore a quella degli altri Paesi, tuttavia, essendo di molto inferiore quella privata, il contributo pubblico era rivolto a favore di questi attori. Il perché, con lo stesso provvedimento, il Governo abbia ridotto – o abbia continuato a ridurre – i contributi alla ricerca pubblica non è stato spiegato ma, certo rientra in quella cultura privatistica secondo la quale tutto ciò che è pubblico sarebbe bene non esistesse o venisse privatizzato.

Questa è una nostra illazione giustificata dal fatto che gli intervento riduttivi del contributo pubblico alla R&S pubblica sono rimasti assenti nel discorso del nostro esperto. Tuttavia la questione più significativa sta nel fatto che, da un lato, provvedimenti di questa natura sono già  stati adottati in altre occasione con esiti che, secondo le indagini della Banca d’Italia, sono risultati molto deludenti e i divari tra la nostra e le altre economie non solo non sono diminuiti ma, anzi, sono aumentati. I motivi di tali esiti deludenti sono molto comprensibili se si correggono i dati di partenza e i confronti tra i finanziamenti complessivi per le attività  di R&S. Se, cioè, si prende atto che confronti del genere presuppongono attori confrontabili.
Nel caso in questione questo prevede la necessità  di confrontarsi tra imprese delle dimensioni almeno simili e con produzioni tecnologicamente confrontabili. Poiché è proprio nella struttura dimensionale e nelle specializzazioni produttive che il sistema industriale italiano si differenzia da quelli degli altri paesi, ed è evidente che anche l’entità  delle spese in R&S devono risultare diverse. L’ovvietà  di queste affermazioni è alla portata di ogni essere pensante e non ha bisogno di essere dimostrata dai numeri, che comunque esistono e le confermano. Ma il nostro Governo le ignora e in base a questa ignoranza, da un lato, butta via delle risorse finanziarie, comunque già  scarse, e dall’altra, penalizza un risorsa pubblica che potrebbe essere utilmente impiegata.

Si potrebbe opinare che non è detto che quegli incentivi non servano alle nostre imprese, ma che potrebbero essere, invece, insufficienti. Non c’è dubbio a condizione di saper dire quanto sarebbe necessario per renderli efficienti. Il fatto è che per un sistema produttivo che intende porsi lungo uno sviluppo competitivo basato sulla qualità  della produzione, del lavoro e della competitività  non di costo, ma tecnologica, la questione degli incentivi finanziari si trova, come priorità, tra le ultime questioni. Disporre di un tale sistema produttivo al giorno d’oggi non è una condizione accessoria o marginale. Quali siano le scelte produttive che s’intendono sviluppare ed essendo i ritardi accumulati su questi problemi sono molto pesanti – come dimostrano i continui drammi ambientali – deve essere chiaro che la questione dei contributi finanziari pubblici, quali quelli messi in pista dal nostro Governo, rappresentano una semplice distrazione rispetto alla questione centrale della costruzione di un sistema sociale, economico ed ambientale moderno.
Ma di questo obiettivo nelle parole dell’esperto consulente del Governo non si sono trovate tracce nonostante le indicazioni fornite dalla Mazzucato la quale, ad un certo momento, è parsa non voler più di tanto infierire nei confronti del Gutgeld.
In attesa che si esaurisca tale declino ed emergano altre soluzioni più o meno democratiche per contrastare gli effetti del peggioramento delle condizioni materiali e sociali diffuse, sarà  necessario impegnarsi nella costruzione di quel sistema alternativo, capace di riaprire, almeno, la strade della speranza.

(Associazione Labour, 20 novembre 2014)

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One thought on “Se questi sono i consiglieri economici di Renzi!

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