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Ricapitoliamo. Gilberto Corbellini, Professore Ordinario di Storia della Medicina, Direttore del Dipartimento Scienze Umane e Sociali,  Patrimonio Culturale del Consiglio Nazionale delle Ricerche ed ex-componente del Consiglio Direttivo dell’Istituzione Accademica Pubblica Istituzioni Mercati Tecnologia (IMT) di Lucca dal 13 febbraio 2018 (d’ora in poi, per brevità: P.O.S.M.D.D.S.U.S.P.C.C.N.R.EX-C.C.D.I.A.P.I.M.T.Lu) a proposito del rapporto commissionato da IMT sulla questione del presunto plagio della tesi di dottorato del Ministro Madia (vedi Il Fatto Quotidiano del 4 febbraio e gli articoli qui e qui), scrive su Il Mattino (riferendosi a questo mio articolo) che:

“Siccome nel rapporto si scrive che anche questo articolo contiene del testo plagiato, uno dei figli si è lanciato in una patetica difesa del padre. Quando nessuno ha accusato il di lui padre di plagiare, e l’unico responsabile della divulgazione del dato è la stampa dove lui scrive.”

Il P.O.S.M.D.D.S.U.S.P.C.C.N.R.EX-C.C.D.I.A.P.I.M.T.Lu Corbellini afferma: “questo articolo [ndr. il Manifesto di vari economisti tra cui PSL, vedi sotto] contiene del testo plagiato” ma poi scrive anche che “nessuno ha accusato il di lui padre di plagiare”.

Insomma non si capisce: il documento scritto da mio padre, Paolo Sylos Labini, nel 1998 con altri colleghi economisti tra cui Jean Paul Fitoussi, Franco Modigliani, Beniamino Moro, Dennis Snower, Robert Solow, e Alfred Steinherr contiene del testo plagiato o no? Da una parte il suddetto P.O.S.M.D.D.S.U.S.P.C.C.N.R.EX-C.C.D.I.A.P.I.M.T.Lu Corbellini sostiene  che il Manifesto contiene del testo plagiato; dall’altra Egli aggiunge che nessuno accusa mio padre di aver plagiato un testo. E’ ovvio che questo ragionamento non quadra: se questo documento contiene del testo plagiato, mio padre, che l’ha scritto, è anche tra gli autori del plagio.

Un’accusa grave. Anzi un marchio d’infamia che gli viene attribuito a 13 anni dalla sua scomparsa. E, insieme a lui, anche a Franco Modigliani, Bob Solow e agli altri firmatari, economisti non esattamente sconosciuti. Anzi possiamo sospettare che non sarà tanto contento il direttore del dipartimento di Economia del MIT quando verrà a sapere che due distinguished professor (nonché premi Nobel) appartenuti al suo dipartimento sono accusati di plagio da una istituzione, nella lontana provincia italiana, che ha per acronimo un’anagramma del prestigioso Massachusetts Institute of Technology.

Per quanto riguarda mio padre, come Presidente dell’Associazione Paolo Sylos Labinicostituita in suo onore e per preservare la sua memoria, ritengo questa accusa non solo inaccettabile, ma anche incredibile (sì incredibile) e dunque intraprenderò ogni azione per difendere il buon nome di mio padre.

La prima cosa da chiarire è che il documento in questione non è un articolo scientifico, ma un Manifesto politico.

Se si controlla su Econlit, il database dell’American Economic Association, si scopre che il Manifesto fu pubblicato pressoché contemporaneamente in 4 riviste diverse, fu ripubblicato nel 2003 in un volume e compare nel volume 6 dei Collected Papers di Franco Modigliani.

Trattandosi di un manifesto, la sezione “References“, che in genere negli articoli scientifici si trova dopo le conclusioni, non c’è proprio. Infatti l’ultima pagina del Manifesto è questa:

Solo un lettore inesperto o magari un po’ maligno potrebbe concludere che gli autori hanno deliberatamente omesso di citare la letteratura corrente per appropriarsi di idee altrui, il comportamento noto appunto come plagio (plagiarism). 

Il P.O.S.M.D.D.S.U.S.P.C.C.N.R.EX-C.C.D.I.A.P.I.M.T.Lu Corbellini è però convinto della correttezza di quanto c’è scritto nella perizia IMT e chiarisce la sua posizione in una sua successiva replica a un mio commento senza lasciare dubbi al lettore:

“Provo a rispiegarmi per un bambino di cinque anni, come chiede spesso Denzel Washington in Philadelphia: se si trova – e lo vedono le macchine e non le persone invidiose- che il saggio in questione contiene una percentuale di testo copiato e se gli autori sono fuoriclasse dell’economia (due addirittura Nobel) io arrivo alla conclusione che la soglia accettabile per la copiatura tra gli economisti è superiore allo 0%. Capisco che il dottor Sylos Labini non avrà mai letto un libro o un saggio di research integrity ma il mio ragionamento converge con quello di chiunque studia o insegna etica della ricerca ”

Dunque non sono delle “persone invidiose” ad aver rilevato che il documento “contiene una percentuale di testo copiato”, ma addirittura una “macchina”. Il P.O.S.M.D.D.S.U.S.P.C.C.N.R.EX-C.C.D.I.A.P.I.M.T.Lu Corbellini ha perciò reso chiaro il suo punto: sostiene cioè che un software ha scovato che il documento contiene una percentuale di testo copiato. Per questo motivo si tratta di un documento plagiato, poiché oltre ad essere copiato, non “sono riportate le fonti”, cioè non c’è un elenco di references.

Il P.O.S.M.D.D.S.U.S.P.C.C.N.R.EX-C.C.D.I.A.P.I.M.T.Lu Corbellini ci tiene a comunicare questa sua convinzione ai suoi lettori. Tuttavia la domanda è: da dove trae questa importante conclusione? Importante non solo per PSL, ma anche per gli altri co-autori del documento (due Nobel, e tanti altri noti economisti). Lo dice lui stesso “lo vedono le macchine e non le persone invidiose”. Questo significa che nella perizia commissionata da IMT, eseguita da Enrico Bucci (per la società Resis SRL) attraverso un software antiplagio, supervisionata dai tre saggi nominati da IMT (i professori: Francesco Donato Busnelli, Massimo Egidi e Giovanni Maria Flick), e approvata da IMT stesso, si certificherebbe che quel documento contiene del testo copiato senza riportare le fonti e dunque si trattarebbe di un caso di plagio.

E’ interessante sottolineare che, stando a questo riportato su Il Fatto Quotidiano del 4 Febbraio 2018 riporta, Il Manifesto  è uno degli articoli chiave analizzato nella perizia di Bucci proprio in quanto firmato dai noti accademici.  Il Fatto riporta a questo proposito

“Anche questo lavoro, come la tesi oggetto di indagine, contiene numerosi brani tratti da testi precedenti, senza che la fonte sia citata, a conferma di uno standard diffuso nel settore”.

Tuttavia, quali sarebbero “numerosi brani tratti da testi senza peraltro che la fonte sia citata” (che dunque corrisponderebbero ai brani plagiati)? Il professor Alessandro Roncaglia, presidente di Economia Civile che pubblica la rivista PSL Quarterly Review, rivista sorella di quella sulla quale dove il Manifesto fu pubblicato (BNL Quarterly Review), e il professor Carlo D’Ippoliti, editor della stessa, scrivono in relazione a questa vicenda

“Utilizzando il software Compilatio, a disposizione del nostro Ateneo per verificare eventuali plagi da parte degli studenti, abbiamo verificato che il testo contiene due capoversi, pari a molto meno dell’1% del testo, non identici ma molto simili a due passaggi tratti da articoli precedenti di uno degli stessi autori del Manifesto, D. Snower.”

L’analisi di D’Ippoliti ha identificato diversi CEPR discussion papers che sono, appunto, dei working papers (l’equivalente dei preprints nella letteratura scientifica) che ancora non sono passati al vaglio della revisione tra pari e che dunque non sono stati pubblicati su rivista e che comunque sono stati tutti firmati da uno degli estensori de Il Manifesto, Dennis Snower. Il testo che viene identificato dal sofware antiplagio Compilatio è un brano tratto da un articolo pubblicato su una rivista peer-reviewed e scritto da Mike Orszag e Dennis Snower

Il brano in questione è qui riportato

Dunque, al limite, si tratterebbe di un caso di autoplagio (Self-plagiarism) che chiunque si sia occupato di temi di etica delle pubblicazioni dovrebbe sapere essere questione assai diversa e da non confondere con il plagio (plagiarism). In questo caso poi l’autoplagio riguarderebbe meno dell’1% del testo, cioè il nulla. Come notato giustamente da Roncaglia e D’Ippoliti:

Ma soprattutto è ben diverso riportare due passaggi da un proprio testo precedente (per di più all’interno di un intervento ‘politico’ e non di un articolo scientifico) rispetto a utilizzare testi scritti da altre persone, senza citarle. Il secondo è un caso di plagio, che consiste nel rubare le idee di qualcun altro.

Uno degli autori de Il Manifesto, Jean Paul Fitoussi, è intervenuto in una discussione nella mia pagina su facebook chiarendo il punto

Roncaglia e D’Ippoliti nella loro nota chiariscono anche un altro punto cruciale riguardante la natura del documento in questione:

Anzitutto, il “Manifesto contro la disoccupazione in Europa” (“An Economists’ Manifesto on Unemployment in Europe”), come dice il titolo stesso, non è un articolo scientifico ma un appello di natura politica – seppur scritto da premi Nobel e alcuni tra i principali intellettuali del secolo scorso. Per chi non avesse capito il titolo, la prima nota alla prima pagina del testo invita i colleghi economisti a manifestare la propria adesione firmando il testo, se ne condividono lo spirito di fondo. Di nuovo: è evidente che non si tratta di un articolo scientifico. Ma la stessa prima nota, sempre alla prima pagina, segnala chiaramente che esiste una precedente versione del Manifesto, che quel lavoro modifica solo in parte, pubblicata in italiano nel volume Sviluppo economico ed occupazione, a cura di B. Moro.

Infatti l’asterisco accanto al titolo del Manifesto rimanda alla nota a pié di pagina:

Per concludere, non sono io, come simpaticamente scrive il P.O.S.M.D.D.S.U.S.P.C.C.N.R.EX-C.C.D.I.A.P.I.M.T.Lu Corbellini, che

“…si intestardisce a non capire alcuni fatti. Strano per un ricercatore con formazione scientifica” …. “Egli insiste che il testo, analizzato insieme decine di altri, non è un articolo scientifico ma un manifesto”.

Insisto proprio perché quello è un manifesto politico e non un articolo scientifico, e lo capirebbe anche il bambino di cinque anni evocato dal P.O.S.M.D.D.S.U.S.P.C.C.N.R.EX-C.C.D.I.A.P.I.M.T.Lu Corbellini, per il quale però, a quanto pare, la distinzione è forse troppo complicata. Così come è troppo complicata per l’estensore della perizia, per i Tre Saggi e per l’IMT. E se non lo capisce chi ha fatto la perizia o il software antiplagio usato nell’analisi, la conclusione è una sola: la prossima volta IMT farebbe bene ad affidarsi a dei professionisti.

Non avrei mai immaginato di dover difendere mio padre dall’accusa di plagio: il fatto di essere forzato a farlo mi mette in profondo disagio e provo grande imbarazzo nel dover affrontare questa situazione. Ma questo prospetta il Paese e bisogna andare fino in fondo.


PS Il lettore avrà notato che ho sempre correttamente anteposto a Corbellini l’acronimo che riassume i suoi titoli di “Professore Ordinario di Storia della Medicina, Direttore del Dipartimento Scienze Umane e Sociali,  Patrimonio Culturale del Consiglio Nazionale delle Ricerche ed ex-componente del Consiglio Direttivo dell’Istituzione Accademica Pubblica Istituzioni Mercati Tecnologia (IMT) di Lucca dal 13 febbraio 2018  (per brevità P.O.S.M.D.D.S.U.S.P.C.C.N.R.EX-C.C.D.I.A.P.I.M.T.Lu)“. Non sono titoli ridondanti. In una precedente occasione nella quale mi sono rivolto a Lui, Egli ha replicato che lo volevo screditare per non aver scritto per intero i suoi titoli, limitandomi a “Professore Ordinario di Storia della Medicina, e componente del Consiglio Direttivo dell’Istituzione Accademica Pubblica Istituzioni Mercati Tecnologia (IMT) di Lucca” e per questo sono stato paragonato a  “gli omeopati, gli antivaccinisti e gli antiogm“.

Così, infatti, Corbellini sul Mattino di Napoli:

“Per finire c’è un elemento nella minacciosa rettifica che trovo divertente. Egli mi presenta come professore di storia della medicina. E’ vero e insegno anche bioetica e per cui un po’ ci capisco di queste cose. Ma sono in aspettativa e dirigo il dipartimento di Scienze umane e sociali , Patrimonio culturale del CNR. Un dipartimento dove ci sono anche degli istituti di economia. In realtà, egli mi vuole screditare, come fanno spesso gli omeopati, gli antivaccinisti e gli antiogm, che quando devono replicare ai miei argomenti dicono: professore di storia della medicina? Che cosa ne può sapere? E’ una strategia o bias di comunicazione che usano gli pseudoscienziati. E anche questo è ben descritto in letteratura”

Eccolo (rispettosamente) accontentato.

(Pubblicato su Roars.it)

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Francesco Sylos Labini
francesco.syloslabini@roma1.infn.it

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