Un articolo di Giovanni La Torre
Alcuni gentili lettori dei miei “gessetti di Sylos” mi hanno fatto rilevare (già in precedenti circostanze) che sono prevenuto con Draghi e che non è vero che è un neoliberista e che lui si può occupare “solo di moneta”. Questa è la mia risposta a questi cari amici.
Prendiamo dalla famosa intervista al Wall Street Journal del 23 febbraio 2012, da me citata più volte, alcuni passi dove si affrontano le questioni di carattere generale.
Ecco il primo:
“WSJ: What is your view of these austerity policies in the larger strategy right now, forcing austerity at all costs in order to bring the budget deficits down?
Draghi: This is actually a general question about Europe. Is there an alternative to fiscal consolidation? In our institutional set up the levels of debt-to-GDP ratios were excessive. There was no alternative to fiscal consolidation, and we should not deny that this is contractionary in the short term. In the future there will be the so-called confidence channel, which will reactivate growth; but it’s not something that happens immediately, and that’s why structural reforms are so important, because the short-term contraction will be succeeded by long-term sustainable growth only if these reforms are in place.”
Ebbene appare evidente che secondo Draghi: 1) non c’è alternativa all’austerità per rientrare dal debito; 2) che l’austerità crea da sola e automaticamente il circolo virtuoso che porta alla crescita “nel lungo periodo”. Cioè il classico credo neoliberista, confutato innumerevoli volte dalla storia, oltre che dalla dottrina. Noi tutti comunque stiamo ancora aspettando questo “lungo periodo” a otto anni dallo scoppio della crisi.
Ecco il secondo:
“WSJ: Austerity means different things, what’s good and what’s bad austerity?
Draghi: In the European context tax rates are high and government expenditure is focused on current expenditure. A “good” consolidation is one where taxes are lower and the lower government expenditure is on infrastructures and other investments.”
La “buona austerità “ per Draghi è quella che abbassa sia le tasse che le spese, e queste ultime soprattutto “correnti”, che all’atto pratico vuol dire “welfare”.
Ecco il terzo:
“WSJ: Which do you think are the most important structural reforms?
Draghi: In Europe first is the product and services markets reform. And the second is the labor market reform which takes different shapes in different countries. In some of them one has to make labour markets more flexible and also fairer than they are today. In these countries there is a dual labor market: highly flexible for the young part of the population where labor contracts are three-month, six-month contracts that may be renewed for years. The same labor market is highly inflexible for the protected part of the population where salaries follow seniority rather than productivity. In a sense labour markets at the present time are unfair in such a setting because they put all the weight of flexibility on the young part of the population.”
Qui Draghi fa capire che quando lui parla di riforme strutturali si riferisce solo al lavoro, perché l’altra (il mercato) la liquida in meno di un rigo tanto per far vedere (ma solo far vedere) che si occupa anche delle imprese, e coglie l’occasione per recitare l’altro credo neoliberista: è ingiusto che parte dei lavoratori siano più flessibili ed altri più protetti e quindi per creare “uguaglianza” rendiamoli tutti più flessibili e precari. Questo è dedicato a coloro che dicono che è la sinistra a voler realizzare un’uguaglianza al ribasso.
Ecco il quarto:
“WSJ: Do you think Europe will become less of the social model that has defined it?
Draghi: The European social model has already gone when we see the youth unemployment rates prevailing in some countries. These reforms are necessary to increase employment, especially youth employment, and therefore expenditure and consumption.”
Qui Draghi, alla domanda del giornalista sul futuro del modello sociale europeo risponde che esso “è già morto” e non aggiunge nulla per cercare di “riesumarlo”, anzi aveva detto prima che la questione si risolve rendendo tutti più precari. Inoltre sembra di essere contento che gli sia stato tolto in parte il fastidio di dover fare il lavoro sporco.
Ecco il quinto:
“WSJ: Job for life”¦
Draghi: You know there was a time when [economist] Rudi Dornbusch used to say that the Europeans are so rich they can afford to pay everybody for not working. That’s gone.”
Per Draghi noi europei venivamo pagati senza lavorare e ripete: questo è morto.
Serve altro per dimostrare che Draghi è un neoliberista e che si occupa di economia reale solo quando c’è da menar le mani al lavoro e al welfare, altrimenti si occupa “solo di moneta”?
P.S. Mario Draghi da allora non ha mai cambiato idea: in questa intervista pubblicata sul Sole 24 Ore ripropone le stesse ricette di politica economica.
Domanda. Proprio in materia di politica fiscale, c’è molta discussione in Europa a livello politico. Lei è stato uno dei primi a usare l’espressione fiscal compact nel dibattito europeo. Ritiene adesso, guardando indietro, che il grado di restrizione dei bilanci nell’Eurozona è stato troppo forte dopo la crisi, insomma c’è stato un eccesso di austerità che ha rallentato la ripresa nell’Eurozona?
Mario Draghi. Innanzitutto, ci sono Paesi che non hanno spazio per un’espansione di bilancio, in base alle regole che ci siamo dati. In secondo luogo, dove ciò è possibile, il bilancio deve poter espandersi senza pregiudicare la sostenibilità del debito. I Paesi ad alto debito hanno meno margini per fare questo. Ma lo spazio fiscale non è un dato di natura, si può ampliare, anche un Paese ad alto debito lo può fare. Come ? Realizzando le riforme strutturali che fanno crescere il prodotto potenziale, il tasso di partecipazione, la produttività, tutti fattori che aumentano sostanzialmente il potenziale per le future entrate fiscali. Aumentando permanentemente il gettito si accrescono le possibilità di rimborso del debito domani e nello stesso tempo si creano le condizioni per un’espansione del bilancio oggi. Le riforme strutturali non sono popolari, perché implicano un prezzo oggi per benefici che si materializzeranno in futuro, ma se l’impegno del governo è reale e le riforme sono credibili, i benefici si materializzano più rapidamente, e tra questi c’è anche lo spazio fiscale.
Domanda. In Italia è iniziata la ripresa. Lei ha auspicato che questa ripresa «da ciclica diventi strutturale» attraverso le riforme. Ci sono aree, per quanto riguarda l’Italia, di maggiore urgenza d’intervento da parte del Governo?
Mario Draghi. Queste sono scelte politiche, che vanno lasciate completamente nelle mani dei governi. Il menu delle riforme strutturali è ben noto. Ne ho parlato in molti discorsi in passato. Le scelte sono poi nelle mani dell’autorità politica eletta dai cittadini. Ma non credo che ci sia disaccordo sulla necessità delle riforme.
Dunque, la strada per promuovere la crescita passa attraverso le fantomatiche riforme strutturali, vale a dire per la riforma del mercato del lavoro: flessibilità, flessibilità e ancora più flessibilità, questa è la ricetta di Mario Draghi.
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