
di Guido Iodice e Daniela Palma
Cadono uno dopo l’altro i pilastri teorici sui quali l’Europa ha basato le sue politiche di rigore. Dopo l’ “austerità espansiva”, è crollata anche l’ipotesi di una soglia oltre la quale il debito pubblico deprimerebbe la crescita.
Due notissimi economisti, Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff, in un articolo pubblicato nel 2010 sulla prestigiosa American Economic Review, avevano analizzato lunghe serie di dati sul rapporto tra debito e PIL di numerosi paesi nel dopoguerra. Quando il debito superava il 90% del Prodotto Interno Lordo, concludevano, si assisteva mediamente ad una crescita nulla o negativa. Lo studio fu presto sottoposto a numerose critiche metodologiche da parte di altri accademici, ma nonostante ciò la Commissione, i governi europei e la BCE hanno continuato a citarlo come “prova” a favore del rigore. «E’ ampiamente riconosciuto, sulla base di seria ricerca scientifica, – scrisse il commissario UE per l’Economia Olli Rehn ai ministri delle finanze appena tre mesi fa – che quando i livelli del debito pubblico salgono oltre il 90% tendono ad avere un impatto negativo sulla dinamica economica, che si trasforma in bassa crescita per molti anni.»
Senonché Thomas Herndon, uno studente dell’Università del Massachusetts, Amherst, ha provato a “ripetere” i risultati di Reinhart e Rogoff e ha scoperto che lo studio attribuiva, senza specificare il motivo, troppo peso ad alcuni paesi e periodi rispetto ad altri, in particolare alle pessime performance della Nuova Zelanda, unico paese che in effetti mostra una crescita negativa quando il rapporto debito/PIL supera il 90%. Ma il vero smacco è arrivato quando, controllando la formula del foglio di calcolo, lo studente si è accorto che veniva escluso il Belgio. Corretti gli errori, la “soglia” del 90% spariva. Il paper di Herndon, pubblicato insieme ai suoi docenti Robert Pollin e Michael Ash, ha subito fatto il giro del mondo.
Reinhart e Rogoff hanno provato a difendersi sostenendo che, in ogni caso, una correlazione negativa tra debito e crescita è ancora presente. Ma una correlazione non dice nulla circa la causalità: è il debito che deprime la crescita o è la bassa crescita che fa salire il debito? In effetti un’analisi preliminare dei dati, pubblicata dal blog The Next New Deal della Roosevelt Foundation (in italiano su Keynesblog.com), mostra che la seconda ipotesi è decisamente più vicina alla realtà. Insomma, la cura migliore per il debito pubblico è la crescita. E la crescita non si ottiene con l’austerità. L’ “excelgate”, così è stato soprannominato lo “scandalo”, ha messo in crisi più di una certezza su come funzioni davvero l’economia.
Pubblicato su LEFT, 18 Maggio 2013
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