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Un articolo di Enrico Grazzini su Micromega

Per uscire dalla crisi il nuovo ministro greco delle finanze Yanis Varoufakis sta esaminando una soluzione di nuova moneta statale/fiscale simile a quella proposta per l’Italia nell’appello “Helicopter Money per l’Italia: uscire dalla crisi con l’emissione di nuova moneta statale-fiscale complementare all’euro” sottoscritto da Luciano Gallino, Biagio Bossone, Marco Cattaneo, Guido Ortona, Stefano Sylos Labini e da chi scrive[1].

Varoufakis propone di introdurre nei paesi periferici dell’Europa i FT-coins (FT sta per Future Taxes), un titolo di stato con valore fiscale simile ai Certificati di Credito Fiscale, CCF, previsti dall’appello di Gallino per pagare le tasse.

Varoufakis scrive: “C’è qualcosa che i paesi della periferia europea possono fare per non soffocare e avviare una azione autonoma che può smuovere Berlino, Francoforte e Bruxelles? La risposta è: sì. Possono creare il loro proprio sistema di pagamento denominato in euro e basato sulle tasse che riscuoteranno. “¦ Chiamiamo questo sistema FT che sta per Future Taxes, tasse future”.

“FT può essere gestito da un algoritmo (cioè con criteri oggettivi e automatici, ndr) da un’autorità  indipendente neutra e non governativa. L’ammontare totale della moneta fiscale può essere fissato in anticipo, proprio come è nel caso della moneta virtuale Bitcoin, in relazione a variabili oggettive e al di fuori del controllo governativo, per esempio il PIL nominale”.

“Il grande vantaggio di un sistema come questo è che esso crea:

“¢ una fonte di liquidità  per i governi che si pone al di fuori dei circuiti di mercato dei titoli di Stato, che non coinvolge le banche, e che scavalca i vincoli imposti da Bruxelles e dalle varie Troike

“¢ una fonte nazionale di euro che è perfettamente legale nel contesto dei trattati dell’Unione Europea, e che può essere utilizzato a favore membri più deboli della società  e per reperire i finanziamenti per gli indispensabili lavori pubblici

“¢ un meccanismo che permette ai contribuenti di ridurre il loro carico fiscale

“¢ un sistema di pagamento libero e trasparente fuori dal sistema bancario, che può essere monitorato insieme da ogni cittadino (e non cittadino) che vi partecipa”[2].

I CCF che proponiamo in Italia nel nostro appello sono titoli statali di credito validi per pagare qualsiasi tipo futuro di impegno finanziario verso la pubblica amministrazione (tasse statali e locali, contributi, multe, ecc) dopo due anni dall’emissione. Questi titoli vengono distribuiti gratuitamente dallo stato ai lavoratori e alle imprese, e sono immediatamente convertibili in euro. I CCF possono garantire immediatamente ai cittadini e alle imprese un forte potere d’acquisto. Così è possibile creare nuova domanda e rilanciare la produzione.

La politica di austerità  espansiva è folle e suicida. Serve solo alle elite della grande Germania. Esiste il rischio concreto che anche l’Italia – che vede aumentare continuamente il rapporto tra debito pubblico e PIL – possa trovarsi in una situazione analoga a quella della Grecia, e cadere negli artigli della Troika (UE, BCE, FMI). Con una differenza sostanziale: nessuno potrà  mai negoziare il debito pubblico italiano, perché è troppo grande ed è in mano a banche private – mentre il debito greco è dieci volte minore ed è in mano a istituzioni pubbliche -. L’Italia non uscirà  mai dalla crisi chiedendo di rinegoziare i suoi debiti[3].

Al contrario, con la nuova moneta fiscale, rilanciando la domanda, l’Italia, la Grecia e i paesi periferici europei possono uscire dalla trappola della liquidità  e creare le condizioni per la ripresa economica. La nostra proposta di creare in Italia moneta fiscale ha quindi un respiro internazionale. Infatti in Grecia Varoufakis non è il solo a essere favorevole alla moneta fiscale. Il nuovo ministro del lavoro greco, Rania Antonopoulou potrebbe adottare la soluzione indicata da Rob Parenteau, consulente del governo greco.

Parenteau intende uscire dall’austerità  senza però uscire dall’euro grazie a una (quasi) moneta fiscale (ancora una volta analoga a quella dei nostri CCF) da lui chiamata Tax Anticipation Notes[4]. Il TAN è un titolo valido per pagare le tasse ma funziona anche e soprattutto come mezzo di pagamento, cioè come moneta.

La ministra Antonopoulou appare favorevole a impiegare i TAN per pagare i lavori pubblici e avviare un New Deal con 300 mila nuovi occupati. Sia Yanis Varoufakis che Rania Antonopoulos – che ha legami molto stretti con Rob Parenteau, appartenendo ambedue al Levy Economics Institute[5] – sono quindi favorevoli alle proposte di emettere moneta fiscale.

La manovra del governo greco potrebbe essere avviata in due tempi per non turbare troppo le istituzioni europee e i mercati con progetti molto innovativi come la nuova moneta statale complementare all’euro. Prima di tutto il governo sta negoziando per alleggerire il debito pubblico verso i creditori esteri. Questo è di gran lunga il problema più urgente e drammatico. Occorre essere chiari: con il 175% di debito sul PIL la Grecia è già  uno stato fallito (a differenza dell’Italia). Deve assolutamente diminuire drasticamente il suo debito estero, in una forma o nell’altra, se vuole sopravvivere come nazione. Trattare sul debito è molto difficile ma è un tentativo certamente da esperire. Nessuno sa come finiranno i negoziati con Berlino e Francoforte.

Se le trattative fallissero Atene ritornerebbe alla dracma. Se invece ci sarà  qualche spiraglio, Tsipras, dopo avere negoziato i debiti, potrebbe introdurre i CCF o i TAN, o i FT che dir si voglia, o altri tipi analoghi di moneta fiscale per rilanciare l’economia, avviare un New Deal e aumentare l’occupazione.

Quale lezione ci dà  la Grecia? Dal momento che l’architettura dell’euro-marco nata a Maastricht è intrinsecamente e strutturalmente deflattiva, impone perfino il pareggio di bilancio e soffoca le economie meno competitive, occorre che gli stati in crisi emettano autonomamente uno strumento monetario nazionale parallelo all’euro in grado di fare crescere l’economia. Per superare le crisi di liquidità  John Maynard Keynes proponeva di estrarre denaro dalle buche, Milton Friedman di lanciare denaro dall’elicottero. Ma il concetto è simile: occorre emettere nuova moneta per superare le crisi di liquidità. Proprio ciò che il governo tedesco e la Bundesbank non vogliono.

In effetti la distribuzione gratuita di moneta fiscale che proponiamo è assimilabile a una manovra di helicopter money, cioè di introduzione diretta, massiccia e gratuita di moneta nell’economia reale, anche se nel nostro caso dall’elicottero dello stato non verrebbero gettate monete con valore legale (perché sono monopolio della BCE) ma crediti fiscali ad uso differito.

La creazione di CCF non si pone però fuori dai trattati europei perché i CCF non rompono il monopolio della BCE (sono titoli di stato), non producono debiti – infatti generano un aumento del PIL in grado di recuperare le mancate entrate fiscali altrimenti dovute all’emissione dei crediti fiscali – e perché operano nel campo fiscale che è ancora di piena sovranità  degli stati europei.

Gli economisti mainstream sperano che l’economia europea – la grande malata dell’economia mondiale a causa dell’euro-marco, una moneta strutturalmente deflazionista – possa rimettersi grazie al Quantitative Easing. Ma il QE appena annunciato da Mario Draghi, presidente della BCE, non può funzionare per rilanciare l’economia reale e creare occupazione. Gonfierà  certamente i valori dei mercati finanziari. Nel migliore dei casi avrà  un (tiepido) effetto indiretto sull’inflazione. Occorre però ben altro per risanare l’economia europea e riportarla rapidamente almeno al livello pre-crisi.

Il QE di Draghi non funziona, mentre l’helicopter money sì. Le politiche di helicopter money sono del tutto coerenti con la nostra impostazione di creare e distribuire gratuitamente moneta a favore dei lavoratori e delle imprese.

Nel nostro manifesto scriviamo: “Per battere la deflazione e uscire dalla crisi, proponiamo una soluzione analoga a quella che la scienza economica definisce “helicopter money”, cioè la creazione di moneta da parte dello stato e la distribuzione gratuita e diretta della moneta così creata ai soggetti economici (nel nostro caso ai cittadini e alle aziende).

Dal momento, però, che nell’attuale regime dell’eurozona la creazione di moneta è monopolio della BCE (che non intende fare dell’helicopter money, ndr), proponiamo che sia lo Stato italiano ad emettere e distribuire gratuitamente, a favore dei lavoratori dipendenti e autonomi e delle imprese, della quasi-moneta, ovvero dei titoli di stato sotto forma di Certificati di Credito Fiscale ad utilizzo differito”.

La BCE non può promuovere una politica di espansione perché l’espansione e l’inflazione sono ferocemente avversate dal governo tedesco. Crediamo allora che sia nostro dovere proporre quella che ci sembra essere l’unica soluzione possibile di helicopter money per l’Italia e per i paesi del sud Europa in crisi: emettere nuova moneta fiscale.

La nostra moneta fiscale ha un doppio vantaggio strategico: da una parte rende più flessibile l’euro, introducendo (quasi)monete nazionali, e così “riforma” il sistema rigido della moneta unica, rendendolo duttile; dall’altro lato, di fronte al possibile (o probabile) caos dell’implosione dell’eurozona, la moneta fiscale prepara l’alternativa all’euro, cioè una moneta nazionale.

La soluzione della moneta fiscale è certamente la più praticabile per fare ripartire l’Italia e creare le condizioni per un nuovo modello sostenibile di sviluppo. Le altre soluzioni attualmente proposte dalla sinistra o dal M5S sono meno efficaci o del tutto improponibili.

– uscire unilateralmente dall’euro è la risposta più semplicistica di fronte ai disastri della moneta unica. Ma metà  della popolazione è contraria, e l’uscita ci farebbe fare un salto nel buio, sia sul piano economico e finanziario che sul piano politico. L’euro è infatti la seconda valuta di riserva a livello mondiale e tutti i paesi del mondo – compresi Cina, Russia e India – avrebbero grandi problemi se scomparisse. Certamente se la crisi precipitasse, come è possibile e anche probabile, allora saremmo obbligati ad uscire dall’euro, ma non lo decideremmo noi, sarebbero i mercati internazionali a costringerci.

– uscire in maniera concordata dalla gabbia dell’euro, come suggerisce per esempio Stefano Fassina, allo stato attuale non ha sbocchi concreti. Francia e Spagna hanno interessi diversi dall’Italia. La Germania guadagna dall’euro e non concorderà  mai un’uscita controllata. Se la crisi precipitasse, uscirebbe da sola.

– ottenere una moratoria del debito pubblico è improponibile per l’Italia che è tra le prime dieci potenze industriali e ha il secondo debito pubblico al mondo per dimensione. Il diritto all’insolvenza è sacrosanto, sul piano teorico [6]. Ma non occorre essere un genio dell’economia politica per comprendere che se l’Italia chiedesse di ristrutturare i debiti verrebbe subito espulsa dall’euro o finirebbe sotto la Troika. Non le verrebbe condonato nessun debito. L’Italia non è la Bolivia, la Guinea Bissao e neppure la Grecia.

– la sinistra intellettualmente più acuta e profonda ci insegna che i problemi italiani non dipendono dall’ “epifenomeno monetario”, ma da storici problemi strutturali: dalla scarsa competitività  tecnologica, dalla diseguale distribuzione dei redditi, dall’evasione fiscale, ecc, ecc. Siamo d’accordo, i problemi sono ovviamente strutturali. Ma quando il malato ha la febbre alta a causa della peste, prima si abbassa la temperatura poi si cerca di curare la malattia. Altrimenti il paziente crepa subito e i (necessari) rimedi strutturali non servono più a nulla. La moneta non è secondaria per salvare un’economia e un Paese. Dopo la lezione di Keynes, ignorare il ruolo centrale della moneta nell’economia è peccato mortale.

– Poi ci sono gli zelanti europeisti che indicano con fermezza che per curare l’economia europea occorre addirittura “superare a livello europeo il ruolo degli Stati-Nazione”[7]. Dovremmo quindi cancellare con un colpo di spugna le democrazie nazionali nate da decenni di dure battaglie e lotte democratiche perché “le forze di sinistra dovrebbero lavorare per una nuova governance europea[8]”. Le ricette per la Grande Riforma Europea sono quelle che da anni i volenterosi riformatori dell’euro propongono (senza nessun risultato): ristrutturare i debiti, riformare la BCE, introdurre meccanismi per ridurre gli squilibri commerciali (cioè impedire alla Germania di esportare verso l’Europa), aumentare il bilancio federale, eurobond, dare più potere al parlamento UE, ecc, ecc. Il problema è che sembra che i riformatori vivano su un altro pianeta: non si sono accorti che l’Unione Europea è molta diversa da quella che loro desiderano, e che è diventata esattamente l’opposto di quella auspicata dai Padri Fondatori. Dare ancora più potere a questa Unione significa mettersi nelle mani di una finanza internazionale usuraia e teutonica, e avere ancora più disoccupazione e miseria. Gli Stati Uniti d’Europa – che nessuno ormai vuole, né la Germania, né la Francia, né lo UK, né la Svezia, ecc, ecc – non sono più una generosa utopia ma una vuota illusione coltivata quasi solamente da una parte dell’intelligentsia italiana. Nessuno nel resto d’Europa parla più di uno stato federale europeo come di una realistica opzione politica. Le illusioni europeiste su questa UE danneggiano la causa ideale di un’Europa magari meno “federale” e centralistica ma più cooperativa e giusta.

Le proposte di cui sopra hanno un comune terribile difetto: sono in gran parte ultrapoliticiste, fatte da politici per i politici. La maggioranza degli italiani non lotterebbe per supportarle. Realisticamente: chi lotterebbe per la riforma della BCE, o per gli eurobond? Molti cittadini vogliono invece uscire dall’euro: ma la popolazione si dividerebbe tra chi è pro o chi è contro. Crediamo al contrario che la nostra proposta di emettere nuova moneta statale/fiscale gratis per i lavoratori e le imprese, per un New Deal dell’occupazione, non solo sia efficace ma possa diventare anche rapidamente molto popolare e trovare il consenso unitario di gran parte della società.

Ovviamente la moneta fiscale non risolve tutto. Tuttavia pone le condizioni migliori per uscire dall’emergenza e ridiscutere a fondo e da posizioni di forza sia i problemi strutturali della nostra nazione che quelli europei. Prima cerchiamo di uscire dalla crisi tremenda in cui ci troviamo, poi cerchiamo di affrontare i problemi strutturali, dell’euro e dell’Italia.

La ripresa dell’economia italiana sarebbe possibile, se non ritardassimo troppo le cure. La moneta è fondamentale per l’economia. Negli anni ’30 in Germania Hjalmar Schacht si inventò i Mefo-Bond, una (quasi)moneta nazionale parallela per evadere i pesanti obblighi debitori imposti dagli alleati vincitori della Prima Guerra Mondiale. In pochi anni – nonostante i durissimi vincoli internazionali, nonostante l’enorme debito e il 25% di disoccupati – Schacht rimise in forze sfortunatamente (perché al potere c’era Hitler), l’economia tedesca e riuscì a prosciugare la disoccupazione dilagante.

Crediamo che se le forze politiche e un governo coraggioso e ambizioso portassero avanti il nostro progetto, l’economia italiana potrebbe riprendersi in pochi anni. E crediamo anche che il nostro progetto sia socialmente valido ed equo dal momento che helicopter money significa non solo offrire denaro gratis a lavoratori e aziende ma garantire anche più democrazia dal basso.

L’aspetto forse meno valutato di questa crisi è che provoca la degenerazione della democrazia. Il governo della politica economica italiana è ormai nelle mani della tecnocrazia UE, che opera in base a criteri neoliberisti dettati dalle ideologie e dalle lobby della grande finanza speculativa.

La democrazia parlamentare rappresentativa è sempre più soffocata dalla politica della UE dettata dal governo tedesco popolar-socialista Merkel-Gabriel. E’ ora che in ogni nazione i cittadini rivendichino la possibilità  di riprendersi un po’ di sovranità  monetaria, non contro l’idea di Europa unita ma contro questa UE. Altrimenti saranno le forze delle destre più scioviniste a prevalere.

NOTE

[1] www.monetafiscale.it
[2] Vedi yanisvaroufakis.eu/, BITCOIN: A flawed currency blueprint with a potentially useful application for the Eurozone
[3] Vedi Enrico Grazzini, Micromegaonline, La moratoria del debito italiano è un’illusione. Meglio emettere una nuova moneta statale, 27 gennaio 2015
[4] Rob Parenteau, http://neweconomicperspectives.org/, How to exit austerity without exiting the euro
[5] Il Levy Economics Institute è un istituto di ricerca no profit di New York nel cui board siede anche il premio Nobel Joseph Stiglitz
[6] Marco Bertorello, Micromegaonline, Il laboratorio greco e il diritto all’insolvenza, 8 febbraio 2015
[7] Paolo Pini e Roberto Romano, Micromegaonline, Dalla Grecia all’Europa, un New Deal per uscire dalla crisi,
[8] Idem, “Crediamo che la nostra prospettiva utopica sia l’unica che possa contrastare l’implosione non solo economica ma civile dell’Europa. Ciò richiede che le forze di sinistra lavorino per una nuova governance europea, che quindi intenda riformare l’euro”

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