Siracusa c’era il culto di Venere Callipigia, che vuol dire “dalle belle natiche”, o anche “dallo splendido sedere”. Ma Callipigia è un termine più soave, anche in italiano.
Gli antichi Romani erano inclini a verificare. Per questo, forse, amavano molto lo spogliarello. Lo chiamavano “nudatio mimarum”, il denudamento delle mime, le ballerine, che avveniva alla fine degli spettacoli teatrali maggiori. Le ballerine si toglievano la tunica di colpo, mentre oggi la tecnica è più maliziosa e consiste, com’è noto, nel togliersi pezzi di vestiario uno dopo l’altro.
Se ben ricordo, Svetonio narra che Marco Porcio Catone era contrario alla “nudatio mimarum” e ad ogni licenza sessuale. Non per moralismo, ma perché, secondo lui, indulgere alle gioie del sesso significava distrarsi dall’obiettivo essenziale, di vita o di morte per Roma: “Delenda Cartago!”, che Cartagine sia distrutta!
Dopo la vittoria dei Romani nella seconda guerra punica, ci furono a Roma grandi festeggiamenti. L’eroe del giorno era Catone, che fu invitato ad assistere a uno degli spettacoli più importanti. Ma gli organizzatori non furono capaci di prevedere cosa sarebbe successo, né si chiesero se le ballerine avrebbero dovuto denudarsi, oppure se si dovesse tagliare il programma.
Il problema emerse alla fine dello spettacolo. Le torce furono spente e, nella semioscurità che precedeva la “nudatio mimarum”, ci fu un minuto di silenzio teso, quasi una sorta di braccio di ferro tra il grande Catone e il pubblico.
Catone capì che il pubblico non voleva rinunciare alla “nudatio”. Neanche in suo onore. Si aggiustò la tunica e se ne andò. Nessuno cercò di fermarlo.
(tratto da http://www.megachip.info )
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