
di Sergio Ferrari
In una Nota del Ministro per lo Sviluppo Economico pubblicata dall’ANSA del 4 maggio u.s. vengono fornite alcune indicazioni circa gli indirizzi che il Governo intende assumere in materia di politica industriale e di politica energetica. Su quest’ultima, in particolare, la Nota del Ministro indica che nella prossima settimana sarà presentata “la Strategia energetica nazionale che disegnerà un percorso per abbassare stabilmente il costo dell’energia, assicurare gli approvvigionamenti e far crescere gli investimenti su efficienza energetica”. Si tratta indubbiamente di un passaggio di grande rilevanza per le politiche di rilancio dell’economia italiana e per comprendere i termini del dibattito – che dovrà essere approfondito dopo la pubblicazione del documento – sembrano opportune alcune riflessioni preliminari. Il caso della politica energetica si presta, infatti, ad osservazioni che coinvolgono aspetti economici, ambientali, e sociali apparentemente molto specifici, ma che concorrono a delineare un quadro più complessivo del sistema economico nazionale fornendo indicazioni di supporto per la definizione di una più generale strategia di sviluppo del Paese.
Sarà così sufficiente ricordare che l’Italia, per motivi naturali e storici, soffre di un deficit nella disponibilità diretta di fonti energetiche tradizionali, tali da incidere per alcune decine di miliardi di euro all’anno sulla sua bilancia commerciale. Un deficit che, sarà bene ricordarlo, incide direttamente sul Pil e sul deficit finanziario del nostro Paese. Ma a questo riguardo sarà bene ricordare che vi sono anche due “circostanze” che concorrono a favorire una modificazione del sistema energetico generale, tali, tra l’altro, da consentire di ridurre l’entità della dipendenza energetica della nostra economia.
La prima di tali “circostanze” si ritrova nel fatto che la produzione di gas serra che accompagna l’uso dei combustibili convenzionali a base di carbonio, ha raggiunto valori tali da incidere su un aspetto essenziale della vita dell’umanità e cioè sugli andamenti climatici. In definitiva occorre che tutti i paesi si assumano l’impegno di ridurre fortemente l’impiego di questi combustibili. Questo obiettivo, ancorché non esplicitamente espresso nella Nota del Ministro, corrisponde ad impegni internazionali non rinunciabili. Una riduzione dei consumi di combustibili tradizionali e, quindi, delle corrispondenti emissioni, se opportunamente gestiti a livello politico, corrisponde quindi anche ad un vantaggio economico per il Paese.
La seconda circostanza deriva invece dal fatto che per motivi originariamente del tutto diversi rispetto all’esigenza sopra ricordata, la scienza e la tecnologia hanno messo a punto la produzione di materiali in grado di convertire l’energia solare in energia elettrica. In questo modo, tra l’altro, il costo del kwh non dipende più dal costo del combustibile ma solo dal costo dell’impianto. Alla tradizionale fonte energetica “alternativa” rappresentata dall’energia idroelettrica, questa vicenda tecnologica allarga ampiamente il campo delle fonti energetiche rinnovabili. Da un punto di vista macroeconomico questo vantaggio si realizza per un paese solo se lo sfruttamento di fonti rinnovabili si coniuga con una capacità tecnologica di produrre gli impianti che lo consentono. Appare evidente, infatti che a parità di costo di produzione del kwh, l’effetto sull’economia del Paese è del tutto differente se si produce la “macchina” o la si compra da un produttore estero. Nel primo caso non solo si elimina l’esborso che grava sulla bilancia dei pagamenti ma si accresce la quantità di lavoro qualificato interno. Nel secondo caso si aumenta l’esborso estero dovendo far gravare su questa voce di bilancio l’intero costo del kwh e, inoltre, si eliminano i vantaggi derivanti dallo sviluppo tecnologico.
Si tratta di questioni molto evidenti con effetti economici positivi tra di loro connessi a livello diretto e indiretto. E in Italia non mancano le condizioni tecnologiche perché si possa sviluppare un comparto industriale dell’energia fotovoltaica. Negli anni passati si è commesso il gravissimo errore di incentivare la produzione del kwh fotovoltaico, indipendentemente dall’origine dell’impianto, perdendo con il che una grande occasione. Tuttavia, poiché la tecnologia del fotovoltaico non ha esaurito la sua possibilità di sviluppo, ma è anzi ancora suscettibile di assai articolati miglioramenti, è evidente che occorre ora mettere in campo una politica che partendo dall’obiettivo della riduzione dei costi energetici, dovrà tradurre una concezione macroeconomica e di stampo post-keynesiano, dando spazio ad una opportuna selezione di investimenti pubblici e privati in questo campo e nella realizzazione del sistema di infrastrutture connesse. Occorre peraltro chiarire che nel sistema della ricerca pubblica dell’Italia esistono già tutte le conoscenze scientifiche e tecnologiche necessarie per mettere in atto una politica del genere, e che solo intraprendendo questa direzione di sviluppo tecnologico del settore si potranno ottenere i conseguenti vantaggi in termini di costi dell’energia calcolati anche rispetto alla dimensione dei singoli operatori del mercato.
A questo punto, occorre peraltro osservare che anche il secondo obiettivo indicato dal Ministro – assicurare gli approvvigionamenti – può essere raggiunto, ancorché parzialmente, con le politiche prospettate per ridurre il costo dell’energia. Ma se s’intende andare oltre, e cioè ridurre ulteriormente l’entità degli approvvigionamenti, la questione assume dimensioni politiche di grande complessità dal momento che si evidenzia una carenza estesa a tutti i paesi, compresi quelli grandi. Tale questione potrebbe essere sintetizzata in un interrogativo: Dal momento che si riconosce la necessità di una forte riduzione dei consumi di fonti energetiche convenzionali e dal momento ci sono interi paesi e aree geopolitiche che ne dovrebbero sopportare gran parte delle conseguenze, è immaginabile una operazione del genere senza affrontare i problemi conseguenti?
Non meno complessa sarebbe la situazione se ci si ponesse lo stesso obiettivo avendo nella mira alcuni selezionati paesi produttori di fonti energetiche tradizionali. Anche questo caso troverebbe nella politica energetica del paese la sede formale, ma non certo quella sostanziale di elaborazione e di gestione.
Resta, tra i fini della politica energetica indicati del Ministro, il tema dell’efficienza energetica. In questo caso, a parte quanto si pone anche nella realizzazione degli interventi precedenti, si potrebbe trattare di una vero filone d’innovazione tecnologica, in qualche misura orizzontale rispetto alle classificazioni merceologiche correnti. Un orizzonte di queste dimensioni richiederebbe un altrettanto ampio Sistema dell’Innovazione Nazionale. Una questione che esula dalle questioni sollevate dalle politiche energetiche ma, caso mai, connesse con la definizione di una politica industriale moderna.
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