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Il rapporto di Paolo Sylos Labini con «Il Ponte» inizia in tempi ormai lontani (1949) e io credo che sia stato voluto da Salvemini che deve aver presentato questo giovane studioso di economia a Calamandrei. D’altronde Calamandrei si era mostrato sensibile ai problemi dell’economia ritenendoli fondamentali per la politica, tanto che aveva voluto nella redazione del Ponte – cioè di una rivista che si dichiarava «rivista di politica e letteratura» – proprio un economista quale Alberto Bertolino. E questo era per i tempi e per le riviste di varia umanità  una novità  di grande importanza culturale e politica.

Nel «Ponte» di Calamandrei Sylos fu presente saltuariamente (5 articoli dal 1949 al 1955) ma presentò i primi studi, che poi lo resero famoso, sulle classi sociali. Il Ponte di Enzo Enriques Agnoletti (1957-1986) presenta l’im- pegno di Sylos con il centrosinistra e nel contempo il dispiegarsi delle sue attività  di docente amatissimo dai discepoli e di studioso di grande livello. Siamo in presenza di un ricercatore nel pieno delle sue energie intellettuali – e Sylos era un fiume in piena – che si misura con una teoria economica che vorrebbe sposata ai programmi politici che la nuova stagione del centrosinistra ha messo in campo.

Sylos parla di disoccupazione nelle zone arretrate (1957), di sviluppo industriale nel Sud (1959 e 1961), di pubblica amministrazione (1963), di agricoltura (1971), di Università  della Calabria (1976), una sua (e di Beniamino Andreatta) creatura a cui teneva moltissimo. Il suo è un discorso contro i luoghi comuni e contro le rendite di posizione, alla ricerca di una verità  storica – e di conseguenza politica – che permetta alla classe dirigente di portare alla popolazione giustizia e libertà. E’ l’insegnamento di Salvemini e di Giustino Fortunato, un insegnamento che non è facile tradurre in atti concreti ma di cui un economista politico qual è lui non può fare assolutamente a meno.

Io credo che proprio per questa esigenza di giustizia e libertà  Sylos abbia iniziato a studiare Marx, mettendolo in relazione con quel socialismo liberale di Carlo Rosselli di cui gli aveva parlato Salvemini. E questo rapporto tra Marx e il socialismo liberale lo assillerà  per tutta la vita, tanto che proprio sul Ponte nel 1991 aprirà  un dibatti- to su questo argomento (Carlo Marx: è tempo di un bilancio), ma già  qualche anno prima aveva agitato il problema (Riflessioni su Marx e Keynes, 1984). L’argomento lo coinvolgeva a tal punto che addirittura il suo ultimo articolo, pubblicato postumo sul Ponte, ritornerà  su questo (Perché gli economisti debbono fare i conti con Marx, 2006). Forse Sylos non avrà  colto – come da piຠparti i marxisti ortodossi gli hanno rimproverato – tutti i risvolti filosofici della teoria di Marx, ma l’afflato morale che promana dai suoi scritti sul filosofo di Treviri ci ripaga ampiamente di qualche eventuale libertà  interpretativa. E proprio questo afflato morale è alla base della lotta politica che Sylos dalle colonne del Ponte combatte contro Berlusconi e il berlusconismo.

Se nel Ponte di Calamandrei e in quello di Enriques Agnoletti gli argomenti dei suoi interventi sono essenzialmente di carattere economico, ora, in questo nostro Ponte, il problema politico esplode con una forza dirompente e l’impegno si fa costante e pressante. Dei 52 articoli che Sylos ha scritto sul Ponte, 33 si riferi- scono proprio a questo ultimo periodo. Oltre agli scritti, mi piace ricordare la sua partecipazione attiva alla vita della rivista. Rimangono indelebili nel mio ricordo le lunghissime telefonate, pressoché giornaliere, con cui era solito commentare gli avvenimenti politici e le disavventure del Cavaliere, e concordare con me e con la redazione della rivista la linea da tenere. Sylos non si adattava all’idea – come ebbe a scrivere nel 2001 – che la popolazione non si accorgesse che Berlusconi era il padrone e gli altri i maggiordomi. «Possibile che oltre la metà  degli elettori attivi siano pronti a votare per un nuovo caudillo? Possibile che siano cosà­ numerosi i sudditi e i cinici? Ma insomma, è il nostro un paese civile?». Cosa dire di piàº? Dieci anni dopo non si hanno risposte a queste domande e tuttavia non crediamo che la storia sia finita. Quando finalmente riprenderà  in Italia una vera vita politica, il nostro pensiero andrà  con gratitudine a Paolo Sylos Labini. MARCELLO ROSSI

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Marcello Rossi
nun@nun.it

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