E’ scomparso Giuseppe Guarino, professore emerito nella Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Socio dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Guarino condivise con PSL una vicenda che così racconta Andrea Saba nel volume Paolo Sylos Labini Economista e Cittadino.
Ma prima di questa battuta d’arresto accademica, era stato protagonista, con Giuseppe Guarino- oggi uno dei più insigni giuristi italiani, ex ministro dell’Industria – di una vicenda che ha segnato profondamente la storia italiana e che mantiene ancora una sconcertante attualità.
Alla fine degli anni quaranta Sylos vince una borsa di studio per gli USA e, ad Harvard inizia ad approfondire quello che sarà uno dei temi principali del sui pensiero scientifico: i rapporti fra struttura, produttività, innovazione tecnologica e forme di mercato. Ha come guida scientifica uno degli economisti più prestigiosi del mondo Joseph Schumpeter. A Harvard conosce Gaetano Salvemini con cui stabilirà un rapporto umano e culturale di grande interesse. Del resto, Sylos era nipote di Giustino Fortunato, l’altro grande pensatore meridionale che con Salvemini e Gramsci avevano posto le basi della “questione meridionale” prima del ventennio fascista. Conosce e lavora insieme con Franco Modigliani ed ad altri famosi economisti a cui sarà per sempre legato da un rapporto di amicizia e di stima. Ma in quegli anni in Italia diviene acuta la questione petrolifera.
L’Italia è un paese privo di fonti energetiche. Lo sviluppo industriale, concentrato nel triangolo Milano-Torino-Genova ha fatto leva su uno sfruttamento intelligente delle forze idriche che scendono dalle Alpi. Ma nessuno sviluppo pare possibile e la ricostruzione ristagna quando si scopre il petrolio nella Val Padana, a Cortemaggiore. Si crede che i giacimenti siano molto più ricchi di quanto, in effetti, non siano. Il liquidatore dell’AGIP, Enrico Mattei propone governo la possibilità di creare un ente per la ricerca e lo sfruttamento del petrolio italiano.
Tuttavia il mercato petrolifero è sotto il dominio assoluto di un gruppo d’imprese, prevalentemente americane, “Le Sette Sorelle” che non hanno la minima intenzione ci consentire che un nuovo soggetto possa entrare nel mercato col rischio di alterare le ferree regole di un gioco che consente profitti giganteschi e un potere politico enorme. Mattei è però un ex capo partigiano ed è un grande imprenditore di quelli veramente dotati di quel “animal spirit” che – come dice Jean Robinson— contrassegnano gli imprenditori di razza. Il governo americano, sotto la pressione della lobby petrolifera (nulla di nuovo sotto il sole) spedisce l’ambasciatrice americana a Roma, Clara Both-Luce per indurre il governo italiano a cedere tutte le concessioni dello sfruttamento del petrolio alle Sette Sorelle.
Presidente del Consiglio è Antonio Segni, gentiluomo sardo, giurista e finissimo politico. Segni vorrebbe sapere di più sulla reale situazione del mercato petrolifero mondiale per poter decidere fra la posizione filo nazionale di Mattei e di Fanfani e le pretese del potente alleato americano da cui dipendiamo in tutto. Su consiglio del figlio maggiore Celestino, ottimo studioso di economia, si decide di affidare a due studiosi di grande valore, un giurista ed un economista una ricognizione esauriente del mercato petrolifero mondiale e delle regole del cartello delle grandi imprese e dei rapporti fra imprese e stati produttori. Per decidere è necessario avere idee chiare: è in ballo il destino economico – e non solo – dell’Italia.
Segni sceglie un giovane giurista napoletano, Giuseppe Guarino, titolare della cattedra di Diritto Amministrativo presso l’Università di Sassari. Bisogna trovare anche un economista e deve essere di sinistra in modo da garantire, come Guarino, un’indipendenza anche ideologica dal capitalismo americano. Scelta difficile ma saggia, da parte di Segni, notoriamente uomo di destra e assai vicino al governo americano.
Devo dire che, a distanza di mezzo secolo, aver individuato due giovani come Paolo Sylos Labini e Giuseppe Guarino ha del miracoloso. Si tratta di due fra le persone più dotate che l’Italia abbia prodotto nel secolo ventesimo. Evidentemente, come i veri politici, Antonino Segni, non solo fisicamente, aveva un naso molto acuto. Oltre che un coraggio politico fuori del comune. Abbiamo recentemente – giugno del 2007 – ricordato questo episodio nella sede della Fondazione Antonio Segni a Sassari con una conferenza tenuta da Giuseppe Guarino e da me e, moderata da Manlio Brigaglia e organizzata da Mario Segni.
Guarino e Sylos si scatenano. Sono entrambe meridionali, napoletano il primo, di aristocratica famiglia pugliese, marchese di Bitonto il secondo; dotati di una vitalità e di una intelligenza non comune. Il campo di indagine è enorme; il controllo delle fonti è nelle mani del cartello petrolifero. Sylos acquisterà una tale competenza e avrà delle intuizioni così profonde che, da questa esperienza, scriverà quello che è il suo capolavoro scientifico “Oligopolio e Progresso Tecnico”; testo tradotto in molte lingue, anche in giapponese, che lo collocherà fra i maggiori economisti del mondo.
Sylos e Guarino tornano a Roma dopo circa un anno di studi. Le pressioni dell’ambasciata americana sul Presidente del Consiglio si sono fatte sempre più pesanti e indiscrete, al limite dell’indecenza: il governo italiano deve decidere che lo sfruttamento del petrolio italiano debba essere affidato alla Standard Oil ESSO.
Mattei ha tuttavia intuito che, insieme al petrolio – poco — c’è molto metano. Come ha ricordato di recente Paolo Scaroni Amministratore Delegato dell’ENI, in occasione dell’anniversario della morte tragica, fu Enrico Mattei primo al mondo a capire la straordinaria importanza economica del metano che, quando era trovato nello scavo dei pozzi petroliferi, era considerato una disdetta e veniva disperso o bruciato. Mattei capisce che la presenza di petrolio e di metano sono la salvezza del paese, della sua possibilità di sviluppo economico e la sua indipendenza politica anche in un clima reso difficilissimo dalla guerra fredda.
La relazione conclusiva di Guarino e Sylos impressiona positivamente Segni. Il Presidente del Consiglio convoca una riunione nel suo ufficio al Viminale (allora non era ancora disponibile palazzo Chigi). Con Segni sono presenti Mattei, Guarino e Sylos. Si attende l’arrivo del vice presidente della Standard Oil, la più potente delle “Sette Sorelle”. Nell’ottimo film “Il caso Mattei” Francesco Rosi – regista celebre per la sua passione ed il suo impegno civile ed il rigore nella ricostruzione storica dei fatti— gira una sequenza drammatica, che, in grande misura, corrisponde col racconto di Sylos.
La porta dell’Ufficio del Presidente si spalanca. Entra un omaccione alto e grosso, con le mani in tasca e il sigaro acceso in bocca. Io ho conosciuto bene Segni. Per noi della “banda Stintino” è sempre stato zio Antonino – ed anche per Sylos da quando è entrato a fare parte, per quaranta anni, della banda. Zio Antonino non tollerava forme di maleducazione e di arroganza. Figuriamoci se, come Presidente del Consiglio, avrebbe mai tollerato una così grave caduta di stile di questo pachidermico boss del petrolio; se lo sarebbe mangiato vivo per molto meno. Non credo che ci sia stato nemmeno in tempo di discutere nel merito il tema della concessione del petrolio italiano alla compagnia americana. “Zio Antonino sembrava un falchetto – racconta Sylos – si avventava e beccava da tutte le parti. Il povero americano gigante non aveva scampo. Il mondo alla rovescia. Dovemmo intervenire Guarino ed io, supposti sinistrorsi, a salvare il poveruomo, simbolo del capitalismo, dalle grinfie di zio Antonino”. Il petrolio rimase italiano e Mattei fonderà l’ENI: pagherà con la vita.
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