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di Massimo Villone Repubblica Napoli, 1 dicembre 2016, pag. VIII

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Nel referendum del 4 dicembre voterò No, e ne riassumo le ragioni in cinque punti.

Primo: il metodo. La riforma, mai sottoposta al vaglio popolare come programma di partito o di governo, è stata imposta a colpi di maggioranza, con forzature di regolamento parlamentare e di prassi. È nata in un parlamento colpito dalla incostituzionalità della legge elettorale per il premio di maggioranza e le liste bloccate. È stata approvata da una maggioranza risicata e raccogliticcia, con l’apporto decisivo di cambiacasacca e voltagabbana, e solo grazie ai numeri determinati proprio dal premio di maggioranza dichiarato illegittimo.

Secondo: il merito. Il Senato sopravvive e il bicameralismo è ancora parzialmente paritario, ma si toglie agli italiani il diritto di votare ed eleggere i senatori. Questi sono consiglieri regionali e sindaci eletti dai consigli regionali, e svolgono un doppio lavoro. Una camera non elettiva è geneticamente debole, e rimessa alla bassa cucina di ceto politico, come la recente elezione del consiglio metropolitano ampiamente dimostra. Ne risulta rafforzato il governo, cui viene anche dato il controllo dei lavori parlamentari con il potere di chiedere il voto finale entro settanta giorni sui disegni di legge. Uno strumento utile a normalizzare il dissenso, anche interno alla maggioranza. Il rafforzamento degli istituti di democrazia diretta – legge di iniziativa popolare, referendum – è puramente di facciata. Si opera un riaccentramento delle potestà legislative verso lo Stato, e soprattutto si introduce una clausola di supremazia che abilita il legislatore statale a entrare in qualsiasi materia di competenza regionale. Per tale via si può imbrigliare la protesta delle comunità locali, ad esempio verso cd grandi opere, normalizzando il dissenso sociale.

Terzo: le motivazioni. Sono debolissime, alcune risibili, altre contrarie ai fatti. Il risparmio dal Senato non elettivo è certificato dalla Ragioneria dello Stato in meno di 49 milioni di € all’anno – meno di un caffè a testa per i 50 milioni di elettori ed elettrici che perdono il diritto di voto – e sono comunque spiccioli per un paese che brucia in spese militari oltre 60 milioni di € al giorno. L’esigenza di maggiore velocità nell’approvazione delle leggi è smentita da quelle, anche duramente contestate (ad esempio, legge Fornero, Lodo Alfano), approvate in pochi giorni. Ritardi e navette nascono in genere da contrasti politici interni alla maggioranza: ad esempio, testamento biologico, fine vita, intercettazioni, prescrizione, riforma della giustizia, unioni civili. La semplificazione è smentita da un procedimento di formazione delle leggi che diventa estremamente più complesso, e possibile fonte di conflitti e ritardi.

Quarto: la pubblicità ingannevole e il ricatto della paura. Comincia dal titolo del quesito, che in parte mente sui contenuti (ad esempio il superamento del bicameralismo paritario è solo parziale) e in parte non dice (ad esempio che si perde il diritto di votare i senatori). Continua poi con gli argomenti di campagna referendaria per cui dal Sì deriva ogni possibile bene, anche se non vi è alcun nesso con la riforma o questa nulla reca di nuovo rispetto alla Costituzione vigente (volete strade sicure, una sanità uguale per tutti, via le liste di attesa negli ospedali? Votate Sì). Mentre disastri e devastazioni vengono annunciati nel caso di vittoria del No, motivati dalla instabilità che ne verrebbe. Ma va notato che lo stesso Renzi ha determinato lo scenario della instabilità, puntando sul plebiscito a proprio favore per una cinica scommessa di potere personale.

Quinto: le vere ragioni della riforma. Indebolisce il Parlamento e riduce gli spazi di partecipazione democratica, a favore dell’esecutivo e di chi comanda. Per questo piace molto ai poteri forti della finanza e della economia che sponsorizzano Renzi, dalle agenzie di rating alle multinazionali, da Confindustria a Marchionne, dall’Ocse ai grandi giornali economici come il Wall Street Journal o il Financial Times. Si può essere certi che dei bisogni e dei diritti del popolo italiano, della tutela dei più deboli, della solidarietà politica, economica e sociale non si curano affatto. Mentre proprio di questo hanno bisogno il paese, e il Mezzogiorno in particolare. Riforme sono possibili, ma di segno esattamente opposto. Più rappresentanza politica, più partecipazione, porte aperte a ogni voce, cittadini che contano ogni giorno e non solo quando si vota ogni cinque anni. Basta Jobs Act, buona scuola, trivelle, acqua privata. Votiamo No.

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